Recital del pianista Dario D'Ignazio
Serate Musicali, 23 Maggio 2023
Beethoven trascritto da Liszt per pochi eletti
Il pianista Dario D’Ignazio nella quinta Sinfonia per le Serate Musicali
La trascrizione per pianoforte delle sinfonie di Beethoven, a due o a quattro o più mani, ebbe una notevole notorietà nel corso del diciannovesimo secolo, quando in ogni casa dotata di una tastiera, in mancanza di strumenti di riproduzione automatica del suono, si leggevano volentieri partiture orchestrali così ridotte per sopperire alla scarsa possibilità di assistere dal vivo a serate concertistiche generalmente diffuse nelle grandi sale delle città più in vista.
Le edizioni disponibili si moltiplicavano dunque e si distinguevano in base al grado di difficoltà richiesto agli esecutori. Dall'ambito della trascrizione ad uso dei dilettanti si passava infatti a quella ad uso professionale, di studio e di ricerca. Vero campione di questa seconda maniera fu, come è noto, Franz Liszt. Le trascrizioni di Liszt, al contrario delle fantasie o parafrasi melodrammatiche, rivolte al momento dell'esecuzione concertistica, erano dedicate proprio alla lettura e allo studio della partitura orchestrale ed erano perciò condotte nel rispetto assoluto della differenziazione timbrica richiesta dall'originale. Il fatto che il prodotto finale richiedesse una tecnica esecutiva addirittura trascendentale era piuttosto una conseguenza di quest'ultimo aspetto, non la causa.
L'elaborazione delle sinfonie beethoveniane coprì un lungo arco di tempo che va dal 1830 circa al 1863-64, anno dell'ultima e definitiva revisione e riflette sia le numerose difficoltà di ordine tecnico incontrate da Liszt durante il suo lavoro, sia il mutare del gusto del pubblico e degli esecutori nei confronti delle trascrizioni. La versione per pianoforte delle sinfonie di Beethoven approntata da Liszt, tremendamente difficile, non divenne certo pane per i denti dei dilettanti, che non potevano in alcun modo avvicinarsi all'altissimo livello virtuosistico richiesto. La comparsa del grammofono decretò a un certo punto la scomparsa totale di questa pratica e solamente il recupero dello studio della tecnica vista sotto una prospettiva storica portava verso gli anni settanta del secolo scorso un pianista come Glenn Gould alla rilettura di alcune trascrizioni di Beethoven-Liszt. L'esempio di Gould venne seguito in seconda battuta da altri virtuosi come Cyprien Katsaris e Idil Biret, che arrivarono a incidere e in qualche caso ad eseguire in pubblico il ciclo completo delle sinfonie.
Già nel 1838 Liszt, in una lettera all'editore Breitkopf, stendeva un piano ben preciso riguardante la scelta di sinfonie da trascrivere e pubblicare: "Finora ho completato tre sinfonie ma, a seconda dei vostri desideri, potrei pensare di rendervi disponibili a poco a poco le altre, oppure potrei restringere il mio lavoro alle quattro più importanti ... la Pastorale, la quinta, la settima e l'Eroica. Penso che queste quattro suonerebbero al meglio sul pianoforte". L'edizione Breitkopf del 1840 riporta infatti la quinta, sesta e settima sinfonia, con l'aggiunta della sola Marcia funebre della terza. Il completamento del ciclo, comprendente la quasi impossibile (da trascrivere) nona sinfonia avvenne più tardi ma già in quel periodo ben poche furono le occasioni di ascoltare in pubblico i numeri scelti da Liszt in prima battuta.
E ancora oggi pochissimi sono i pianisti che osano eseguire in pubblico questi spartiti improbi, anche perché alle difficoltà tecniche enormi si aggiungono anche quelle interpretative: non è scontato infatti che a una esecuzione tecnicamente perfetta corrisponda un resa musicalmente ineccepibile. Ci ha pensato il pianista Dario D’Ignazio a proporre al pubblico delle Serate Musicali questa mastodontica impresa, che sarebbe riuscita ancora più sbalorditiva se il pianista avesse avuto a disposizione un grancoda opportunamente “carrozzato” per sostenere l’impatto di una meccanica “ai limiti” richiesta dalla difficile elaborazione lisztiana. Che è stata comunque portata a termine con un grado di eccellenza del tutto insolita, e coronata da un bis finale che consisteva in un’altra trascrizione splendida, quella del Lacrymosa dal Requiem di Mozart, là dove Liszt contempla nella scrittura pianistica il lato mistico ma anche quello drammatico della famosa pagina originale.