Verdi - Giovanna d'Arco
Chailly,Netrebko,Meli,Cecconi
Teatro alla Scala, 7 Dicembre 2015
Sciortino - La paura
Novara, Teatro Coccia, 3 Dicembre 2015
Concerto del Quartetto Gringolts e del pianista Filippo Gamba
Milano, Società dei Concerti, 2 Dicembre 2015
Recital del pianista Maurizio Pollini
Teatro alla Scala, 16 Novembre 2015
Concerto della Filarmonica della Scala
Direttore Riccardo Chailly
Violinista Julian Rachlin
Teatro alla Scala, 9 Novembre 2015
Recital del pianista Radu Lupu
Lugano, 7 Novembre 2015
Concerto della Filarmonica della Scala
Direttore Daniele Gatti
Teatro alla Scala, 5 Novembre 2015
Concerto del violoncellista Mario Brunello e del pianista Andrea Lucchesini
Milano, Società del Quartetto, 20 Ottobre 2015
Concerto della Cleveland Orchestra, direttore Fabio Luisi, pianista Radu Lupu
Teatro alla Scala, 18 Ottobre 2015
Verdi - Falstaff
Gatti,Alaimo,Mei,Lemieux,Cavalletti,Liebau,Demuro
Teatro alla Scala, 14 Ottobre 2015
Verdi - Messa da Requiem
Mehta,Agresta,Rachvelishvili,Colombara
San Marco, 29 Settembre 2015
Concerto dell'Orchestra Bolivar, Direttore Gustavo Dudamel
Teatro alla Scala, 4 settembre 2015
XVIII Concorso pianistico "Paloma O'Shea"
Santander, 5 Agosto 2015
Mayr - Medea in Corinto
Luisi,Spyres,Scala,Rodriguez
Martina Franca, 2 Agosto 2015
Tutino - Le braci
Martina Franca, 1 Agosto 2015
De Giosa - Don Checco
Martina Franca, 31 Luglio 2015
Concerto del direttore Manfred Honeck e del pianista Bezhod Abduraimov
Verbier, Salle des combins, 26 Luglio 2015
Recital dei pianisti Daniil Trifonov e Sergei Babayan
Verbier, Salle des combins, 25 Luglio 2015
Rossini - Otello - Tang,Florez,Kunde,Rocha,Peretyatko
Teatro alla Scala, 4 Luglio 2015
Non è terminata proprio in maniera ideale la prima recita di Otello di Rossini alla Scala, una nuova produzione nata sotto i migliori auspici soprattutto per il fatto di rappresentare il ritorno in teatro di un titolo un tempo famosissimo e mai più rappresentato dal 1870. 145 anni di assenza sono spiegabili in termini di mutamento del gusto. L’Otello di Rossini, elaborato a partire dal criticatissimo libretto di Francesco Berio di Salsa, ha la caratteristica di spostare l’impianto del dramma scespiriano in maniera molto evidente, anche rispetto a quanto faranno in seguito Verdi e Boito. Il dramma della gelosia è in realtà qui solo accennato e il motore di tutta la vicenda diventa un modernissimo ménage à trois tra Desdemona, Otello e Rodrigo. Inoltre il cosiddetto Rossini serio scomparve a un certo punto dalle scene, in molti casi prima ancora di quel fatidico 1870 e venne recuperato solamente molto più tardi all’interno dei festival specializzati, soprattutto il ROF di Pesaro, a partire dalla fine degli anni ’70 del secolo passato. Ma Otello era ricomparso molte volte sia a Pesaro che in altri centri musicali come Parigi, Londra Losanna. E proprio a una produzione del ROF del 2007 va il pensiero se consideriamo i protagonisti vocali di ieri sera: Otello era ancora Gregory Kunde, Rodrigo era Juan Diego Flórez, Desdemona Olga Peretyatko. Il solo Jago era affidato alla voce di Chris Merritt (oramai in declino) e qui ascoltavamo invece il bravissimo Edgardo Rocha.
Le contestazioni del loggione (la platea era quasi interamente composta da spettatori stranieri che, si sa, non si lasciano andare a proteste di sorta) erano indirizzate ieri sera al direttore Muhai Tang, che in effetti ha scelto tempi piuttosto larghi ma soprattutto si è fidato del protagonismo dei tre tenori in campo e ha dimostrato una conoscenza piuttosto approssimativa del fraseggio rossiniano: non si tratta qui, in altre parole, di scegliere una velocità più o meno adatta, quanto di seguire con opportuna flessibilità i virtuosismi canori e anche strumentali (gli assoli del corno ad esempio) in modo tale che tutto risulti chiaro e dettagliato. Tang ha invece penalizzato l’effetto globale calando il tutto in un contesto di grigiore generale. In secondo luogo, e qui le proteste si sono allargate, il dissenso è stato indirizzato al regista Jürgen Flimm che ha anche scelto di adattare le scene a idee del famoso Anselm Kiefer del quale tutti noi abbiamo ammirato le installazioni imponenti dei “sette palazzi celesti” all’Hangar Bicocca. Se una regia ha comunque bisogno di essere spiegata all’interno di una conferenza stampa – come è avvenuto l’altro giorno in teatro – vuol dire almeno che i suoi contorni non possono essere recepiti che in parte dal pubblico. Nell’ultima scena compare ad esempio la vista a nudo delle quinte del teatro e un grande poster che raffigura una metropoli, come se fosse una fotografia anni’60 della Fifth Avenue o di Corso Buenos Ayres. Da qui a immaginare che questa città dovesse raffigurare la problematica del razzismo, cioè del sentimento che ai tempi di Shakespeare e poi di Rossini – ma è tutto da verificare ! - esprimeva l’odio verso il nero Otello, ce ne vuole. Eppure qualche idea buona nella regia di Flimm la si poteva trovare, come la comparsa della gondola sulla quale Desdemona si addormenta e poi viene uccisa. Una lugubre gondola, come quella che accompagnerà i funerali veneziani di Wagner, come quella che ispirerà a Liszt due versioni di un tardo pezzo pianistico denso di presagi futuri. Lo stesso Liszt che in Venezia e Napoli aveva inserito di peso la Canzone del gondoliere dall’Otello rossiniano …
Il paragone con l’Otello che ascoltai tanti anni fa a Pesaro con la Anderson, Merritt e Blake, direttore John Pritchard e il prezioso allestimento di Pierluigi Pizzi non s’ha nemmeno da fare. Comunque la serata di ieri è stata abbondantemente salvata dai protagonisti odierni, tra i quali spiccavano i tre tenori Kunde, Flórez e Rocha, meno la esile Desdemona della Peretyatko - anch’ella oggetto di proteste da parte del loggione - pure corretta e intonata, ma il cui volume di suono non era chiaramente percepibile a partire dalla metà della sala del Piermarini. Applausi a scena aperta per costoro e, pensiamo, soprattutto per Rossini, che ha ancora una volta vinto la lotta contro il tempo e dimostrato come la sua visione di Otello regga ancora oggi, a distanza di tanti anni e pur con la concorrenza del capolavoro verdiano. Eduard Hanslick, nella sua recensione di una esecuzione dell’Otello di Verdi alla Scala, si era persino spinto a dire che la Canzone del salice era del tutto inferiore a quella di Rossini. Anche ieri sera quella canzone è risuonata con la stessa, immutata commozione e ha fatto dimenticare il pasticcio registico di un’arpa trasportata in scena con un carrello, che non voleva saperne di andare avanti o indietro perché le ruote si erano impigliate in un cavo steso per terra.
Radio Popolare, Luglio 2015
Le contestazioni del loggione (la platea era quasi interamente composta da spettatori stranieri che, si sa, non si lasciano andare a proteste di sorta) erano indirizzate ieri sera al direttore Muhai Tang, che in effetti ha scelto tempi piuttosto larghi ma soprattutto si è fidato del protagonismo dei tre tenori in campo e ha dimostrato una conoscenza piuttosto approssimativa del fraseggio rossiniano: non si tratta qui, in altre parole, di scegliere una velocità più o meno adatta, quanto di seguire con opportuna flessibilità i virtuosismi canori e anche strumentali (gli assoli del corno ad esempio) in modo tale che tutto risulti chiaro e dettagliato. Tang ha invece penalizzato l’effetto globale calando il tutto in un contesto di grigiore generale. In secondo luogo, e qui le proteste si sono allargate, il dissenso è stato indirizzato al regista Jürgen Flimm che ha anche scelto di adattare le scene a idee del famoso Anselm Kiefer del quale tutti noi abbiamo ammirato le installazioni imponenti dei “sette palazzi celesti” all’Hangar Bicocca. Se una regia ha comunque bisogno di essere spiegata all’interno di una conferenza stampa – come è avvenuto l’altro giorno in teatro – vuol dire almeno che i suoi contorni non possono essere recepiti che in parte dal pubblico. Nell’ultima scena compare ad esempio la vista a nudo delle quinte del teatro e un grande poster che raffigura una metropoli, come se fosse una fotografia anni’60 della Fifth Avenue o di Corso Buenos Ayres. Da qui a immaginare che questa città dovesse raffigurare la problematica del razzismo, cioè del sentimento che ai tempi di Shakespeare e poi di Rossini – ma è tutto da verificare ! - esprimeva l’odio verso il nero Otello, ce ne vuole. Eppure qualche idea buona nella regia di Flimm la si poteva trovare, come la comparsa della gondola sulla quale Desdemona si addormenta e poi viene uccisa. Una lugubre gondola, come quella che accompagnerà i funerali veneziani di Wagner, come quella che ispirerà a Liszt due versioni di un tardo pezzo pianistico denso di presagi futuri. Lo stesso Liszt che in Venezia e Napoli aveva inserito di peso la Canzone del gondoliere dall’Otello rossiniano …
Il paragone con l’Otello che ascoltai tanti anni fa a Pesaro con la Anderson, Merritt e Blake, direttore John Pritchard e il prezioso allestimento di Pierluigi Pizzi non s’ha nemmeno da fare. Comunque la serata di ieri è stata abbondantemente salvata dai protagonisti odierni, tra i quali spiccavano i tre tenori Kunde, Flórez e Rocha, meno la esile Desdemona della Peretyatko - anch’ella oggetto di proteste da parte del loggione - pure corretta e intonata, ma il cui volume di suono non era chiaramente percepibile a partire dalla metà della sala del Piermarini. Applausi a scena aperta per costoro e, pensiamo, soprattutto per Rossini, che ha ancora una volta vinto la lotta contro il tempo e dimostrato come la sua visione di Otello regga ancora oggi, a distanza di tanti anni e pur con la concorrenza del capolavoro verdiano. Eduard Hanslick, nella sua recensione di una esecuzione dell’Otello di Verdi alla Scala, si era persino spinto a dire che la Canzone del salice era del tutto inferiore a quella di Rossini. Anche ieri sera quella canzone è risuonata con la stessa, immutata commozione e ha fatto dimenticare il pasticcio registico di un’arpa trasportata in scena con un carrello, che non voleva saperne di andare avanti o indietro perché le ruote si erano impigliate in un cavo steso per terra.
Radio Popolare, Luglio 2015
Recital del tenore Juan Diego Flórez
Pianista Vincenzo Scalera
Teatro alla Scala, 19 Giugno 2015
Concerto del tenore Jonas Kaufmann
Filarmonica della Scala, direttore Jochen Rieder
Scala, 14 Giugno 2015
Il pubblico che ha applaudito per decine di minuti Jonas Kaufmann al termine del suo concerto pucciniano alla Scala era in parte costituito da visitors che si trovavano in città per altri motivi e che erano attratti dall’evento che premiava la presenza del famoso tenore a Milano. Ma gran parte dei quel pubblico era anche formato da appassionati che seguono le vicende musicali meneghine e parte di costoro ha applaudito alla Scala per anni Pavarotti, Domingo, Carreras, Kraus e tanti altri tenori latini entrati nel mito. Qual è oggi il motivo per il quale un tenore tedesco suscita il delirio e la riconoscenza dell’uditorio nostrano, per di più presentandosi con un programma che più italiano di così non si può ? Perché lo stesso pubblico che è pronto a beccare chiunque per il minimo errore accetta la dizione di un cantante che allarga tutte le i, che non sempre snocciola in maniera comprensibile le consonanti e che soprattutto segue solo in parte i parametri che contraddistinguono lo specifico di un tenore lirico di tradizione ?
I motivi sono diversi e forse il più comprensibile risiede nel fatto che Kaufmann consideri del tutto naturale l’esistenza di un continuum che parte dal repertorio liederistico e si allarga a quello del melodramma, estendendo a quest’ultimo una qualità di timbro, un fraseggio, una dizione che sono propri del primo comparto e di una civiltà musicale piuttosto lontana dalla nostra. Che questo atteggiamento venga oggi inteso nei termini di una modernità di approccio al repertorio lirico è tutto da verificare. Sta di fatto che Kaufmann ha fatto centro ancora una volta, proponendo un programma complesso e impegnativo e dimostrando come le sue linee guida possano risultare vincenti anche in un repertorio che il pubblico italiano crede di conoscere come le sue tasche. La modernità riscoperta l’altra sera era dovuta sì in parte ai parametri vocali e interpretativi del tenore, ma era da ricercarsi ancor più nella musica di Puccini, che si crede sempre di conoscere a sufficienza, ma che ogni volta rivela dettagli e bellezze insospettate. L’impaginazione del programma era da manuale, e anche se rispettava in gran parte le scelte più felici del repertorio attuale del tenore, andava configurando una interessantissima lettura in ordine cronologico dell’arte del musicista lucchese.
Già dalla scena finale de Le Villi, Kaufmann non solo dimostrava di essere in uno stato di grazia che fortunatamente coincideva con la data dell’appuntamento scaligero, ma esibiva con grande intelligenza la capacità di differenziare il timbro della sua voce al passaggio tra il recitativo e l’aria, espediente raffinatissimo che aggiungeva fascino all’insieme. E si può dire che per tutto il corso del concerto il tenore abbia calibrato le proprie risorse quasi a dimostrare le diverse fasi di passaggio del genio pucciniano dai primi lavori all’estremo risultato di Turandot, quest’ultimo colto attraverso una lettura del tutto antitradizionale, quasi intimistica del “Nessun dorma”. E proseguendo nel programma Kaufmann sfoggiava un timbro brunito in Orgia, chimera dall’occhio vitreo dall’Edgar e piegava la voce ai fini espressivi nel porgere O soave vision. E ci attendevano ancora mezze voci affascinanti in Oh ! dolci baci, perentorietà di accenti nello scomodo ruolo di Johnson, fino a giungere alla già citata e anticonvenzionale interpretazione della celebre aria di Calaf. E poi i bis dinanzi a un pubblico sempre più festoso, da Recondite armonie a Ella mi credea fino ad arrivare ai momenti ahimé non pucciniani, da Ombra di nube di Refice al popolarissimo Non ti scordar di me. La Liederabend di Kaufmann, trasformata questa volta in un concerto con l’accompagnamento di un’orchestra coi fiocchi, ha visto la presenza del direttore tedesco Jochen Rieger. A lui e all’orchestra il plauso per avere fornito il supporto di un accompagnamento di lusso (magico il clarinetto in Edgar e in Tosca) e l’opportunità di ascoltare pagine sinfoniche di intermezzo eseguite con grande sensibilità e senso dello stile.
Radio Popolare, 18 Giugno 2015
I motivi sono diversi e forse il più comprensibile risiede nel fatto che Kaufmann consideri del tutto naturale l’esistenza di un continuum che parte dal repertorio liederistico e si allarga a quello del melodramma, estendendo a quest’ultimo una qualità di timbro, un fraseggio, una dizione che sono propri del primo comparto e di una civiltà musicale piuttosto lontana dalla nostra. Che questo atteggiamento venga oggi inteso nei termini di una modernità di approccio al repertorio lirico è tutto da verificare. Sta di fatto che Kaufmann ha fatto centro ancora una volta, proponendo un programma complesso e impegnativo e dimostrando come le sue linee guida possano risultare vincenti anche in un repertorio che il pubblico italiano crede di conoscere come le sue tasche. La modernità riscoperta l’altra sera era dovuta sì in parte ai parametri vocali e interpretativi del tenore, ma era da ricercarsi ancor più nella musica di Puccini, che si crede sempre di conoscere a sufficienza, ma che ogni volta rivela dettagli e bellezze insospettate. L’impaginazione del programma era da manuale, e anche se rispettava in gran parte le scelte più felici del repertorio attuale del tenore, andava configurando una interessantissima lettura in ordine cronologico dell’arte del musicista lucchese.
Già dalla scena finale de Le Villi, Kaufmann non solo dimostrava di essere in uno stato di grazia che fortunatamente coincideva con la data dell’appuntamento scaligero, ma esibiva con grande intelligenza la capacità di differenziare il timbro della sua voce al passaggio tra il recitativo e l’aria, espediente raffinatissimo che aggiungeva fascino all’insieme. E si può dire che per tutto il corso del concerto il tenore abbia calibrato le proprie risorse quasi a dimostrare le diverse fasi di passaggio del genio pucciniano dai primi lavori all’estremo risultato di Turandot, quest’ultimo colto attraverso una lettura del tutto antitradizionale, quasi intimistica del “Nessun dorma”. E proseguendo nel programma Kaufmann sfoggiava un timbro brunito in Orgia, chimera dall’occhio vitreo dall’Edgar e piegava la voce ai fini espressivi nel porgere O soave vision. E ci attendevano ancora mezze voci affascinanti in Oh ! dolci baci, perentorietà di accenti nello scomodo ruolo di Johnson, fino a giungere alla già citata e anticonvenzionale interpretazione della celebre aria di Calaf. E poi i bis dinanzi a un pubblico sempre più festoso, da Recondite armonie a Ella mi credea fino ad arrivare ai momenti ahimé non pucciniani, da Ombra di nube di Refice al popolarissimo Non ti scordar di me. La Liederabend di Kaufmann, trasformata questa volta in un concerto con l’accompagnamento di un’orchestra coi fiocchi, ha visto la presenza del direttore tedesco Jochen Rieger. A lui e all’orchestra il plauso per avere fornito il supporto di un accompagnamento di lusso (magico il clarinetto in Edgar e in Tosca) e l’opportunità di ascoltare pagine sinfoniche di intermezzo eseguite con grande sensibilità e senso dello stile.
Radio Popolare, 18 Giugno 2015
Mascagni - Cavalleria rusticana
Leoncavallo - Pagliacci
Teatro alla Scala, 12 Giugno 2015
Haendel - Serse
Teatro Litta, 30 maggio 2015
Festival della Valle d'Itria 2015
Recital del pianista Murray Perahia
Milano, Società del Quartetto, 26 Maggio 2015
Concerto della Filarmonica della Scala
Direttore Riccardo Chailly, Pianista Maria João Pires
Teatro alla Scala, 18 Maggio 2015
Recital del pianista Grigori Sokolov
Milano, Società dei Concerti, 8 Maggio 2015
Turandot
Teatro alla Scala, 1 Maggio 2015
Recital del pianista Enrico Pace
Milano, Società del Quartetto, 28 aprile 2015
Concerto della Filarmonica della Scala
Direttore, Daniele Gatti
Teatro alla Scala, 20 Aprile 2015
Haendel - Messiah
Direttore, Simone Toni
Milano, San Marco, 29 Marzo 2015
Bizet - Carmen
Teatro alla Scala, 22 Marzo 2015
Recital del pianista Orazio Sciortino
Milano, Spazio 89, 22 Marzo 2015
Recital del pianista Ingolf Wunder
Milano, Società dei Concerti, 18 Marzo 2015
Recital del pianista Francesco Libetta
Bari, Teatro Petruzzelli, 15 Marzo 2015
Recital del pianista Rafał Blechacz
Milano, Società del Quartetto, 5 Marzo 2015
Concerto della Filarmonica della Scala
Direttore, Cristoph Eschenbach
Teatro alla Scala, 4 Marzo 2015
Mozart - Lucio Silla
Direttore, Marc Minkowski
Teatro alla Scala, 28 Febbraio 2015
Verdi - Aida
Direttore, Zubin Mehta
Teatro alla Scala - 22 Febbraio 2015
Concerto dell'Orchestra Verdi
Direttore, Gaetano D'Espinosa
Pianista, Davide Cabassi
Milano, Auditorium, 20 Febbraio 2015
Recital del pianista Federico Colli
Milano, Società dei Concerti, 11 Febbraio 2015
Monteverdi - L'incoronazione di Poppea
Teatro alla Scala, 8 Febbraio 2015
Recital del duo Leonidas Kavakos-Enrico Pace
Milano, Serate Musicali, 22 Gennaio 2015
Contraddicendo un’usanza, giustificata da ragioni logistiche,
che vorrebbe un violinista acclamato scegliere diversi accompagnatori a seconda
della zona geografica di esibizione, Leonidas Kavakos sta portando avanti una
brillante carriera concertistica puntando sempre di più la propria scelta su un
partner italiano che abbiamo spesso lodato incondizionatamente e che vorremmo
ascoltare più spesso anche come solista. Enrico Pace è apprezzato in misura
eccezionale anche all’estero e rappresenta l’elemento ideale per affiancare un
solista come Kavakos, artista che incarna in egual misura le doti di un
virtuosismo mai troppo esibito ma pur sempre presente, di una musicalità
istintiva, di un gusto che gli permette di spaziare senza problemi in un
repertorio molto vasto. Non era trascorso molto tempo dal compimento
dell’integrale delle sonate beethoveniane che il duo si è esibito nuovamente a
Milano per le Serate Musicali con un programma nuovo e particolarmente
stimolante, fin troppo diversificato nelle scelte. Kavakos e Pace hanno offerto
una bellissima lettura del Duo di Schubert e della prima Sonata di Fauré,
pagine per le quali non si poteva pretendere una esecuzione più accesa e
appassionata date le caratteristiche tendenzialmente poco inclini
all’esteriorità dei due interpreti. Un pudore espressivo che invece è stato
messo da parte nella presentazione di due impegnativi lavori del ‘900, la
Sonata di Poulenc e la trascrizione di parte delle musiche scritte da
Stravinskij per Le baiser de la fée.
Poulenc mostra come sempre una duplice natura che lo porta da una parte ad
abbandonarsi a un gioco compiaciuto di virtuosismo strumentale, dall’altra ad
approfondire in piena sincerità problematiche ben più coinvolgenti. La Sonata
per violino e pianoforte, scritta in periodo di guerra e dedicata alla memoria
di Garcia Lorca, contiene momenti di turbamento più che evidenti e passaggi
scabrosi che richiedono la presenza di due solisti d’eccezione: Kavakos e Pace ne
hanno comunicato i risvolti più segreti attraverso una lettura di intensa
partecipazione e di meravigliosa esattezza. Di altrettanto innegabile spessore
è stata la presentazione di una delle composizioni per violino e pianoforte
scritte da Stravinskij con la collaborazione del solista Samuel Dushkin. Non si
trattava però della Suite Italienne
dalle musiche di Pulcinella, la pur
splendida Suite che viene di solito messa in programma dagli esecutori attenti
ai frutti di quella singolare partnership, bensì del Divertimento (di molto più
raro ascolto) che il musicista russo trasse da quel commovente omaggio a
Ciaikovskij che è appunto il balletto Le
baiser de la fée. Sarà stata la sorpresa di trovarsi dopo lungo tempo di
fronte a queste musiche bellissime, sarà stata la magistrale interpretazione di
Kavakos e Pace: sta di fatto che questo elemento da solo avrebbe portato al
successo una serata cameristica che difficilmente verrà dimenticata.
Radio Popolare, 25 Gennaio 2015
Radio Popolare, 25 Gennaio 2015