The Classic Voice n.187
Bach Partite
Pianoforte Igor Levit
2 cd Sony 88843036822
* * *
Pianista di gusti raffinati, ascoltato dal vivo in Beethoven dove ha confermato doti innegabili ma anche la pericolosa tendenza ad addentrarsi in sofisticati particolari interpretativi che tolgono molta naturalezza al discorso, Levit si propone oggi sul terreno bachiano e lo fa con una integrale molto impegnativa, quella delle Partite. Si nota immediatamente in lui una scelta che predilige il lato Empfindsam a quello tutto giocato sui tempi veloci, gli staccati, la mancanza quasi totale di pedale proprio di famosi pianisti come la Tureck o Gould. Una scelta che a lungo andare genera inaspettatamente una certa monotonia e calo dell'attenzione. Tutto sembra qui "normalizzato", senza il ricorso a una varietà di atteggiamenti che tengano vivo il discorso e che soprattutto rendano giustizia alle straordinarie potenzialità di queste suites. Tra i momenti migliori citerei la Giga della quarta Partita, nella quale peraltro Levit non può esimersi dal rispettare il gioioso e frizzante incedere del testo originale. Se si ascoltano i cd attraverso l'interfaccia di un personal computer si nota un fastidioso errore di software, non so se imputabile alla mia copia dei dischi: le tracce non vengono indicate nella maniera corretta, rendendo difficile la navigazione.
Ciaikovskij Concerto n.1 op.23 Chopin Concerto n.1 op.11
Pianoforte Ingolf Wunder
Orchestra Filarmonica di S.Pietroburgo
Direttore Vladimir Ashkenazy
cd DG 4790670
* * * *
Se non fosse per la scelta di due concerti troppo inflazionati, questa incisione meriterebbe senz'altro il massimo plauso, perché tutte le componenti concorrono a formare un prodotto di alto livello. Wunder, classe 1985, è un pianista austriaco che ha vinto il secondo premio allo Chopin del 2010. Non ho avuto l'opportunità di ascoltarlo dal vivo, né sono a conoscenza di suoi recital avvenuti in territorio italiano, e le mie impressioni sono basate solamente sul qualche concerto radio e teletrasmesso: ottime qualità di interprete, bel suono, tecnica non infallibile e una tendenza a ... horowitzeggiare troppo, almeno nella scelta del repertorio (nel suo recital teletrasmesso da Baden-Baden il 90 % del programma faceva parte dell'arsenale di Horowitz, del quale egli recupera pure una grottesca Danse excentrique degli anni'30, oltre a riprodurre i vezzi contenuti nella rivisitazione di Etincelles di Moszkowski). Vladimir Ashkenazy è un accompagnatore di lusso e riesce a sottolineare sempre nuovi incisi che accrescono il valore sinfonico del celebre capolavoro di Ciaikovskij. Meno interessante è a parer mio la lettura del primo concerto di Chopin, per la quale Wunder ha però meritato un premio speciale al Concorso del 2010. Si parla qui di un live registrato alle Notti Bianche di San Pietroburgo nel giugno del 2012. I casi sono tre: o il pubblico russo è estremamente silenzioso, o si è effettuato un taglio proprio in concomitanza dei punti finali dei concerti (come facevano le radio tedesche fino agli anni '80), o è stato condotto un accurato lavoro di pulizia in studio, sovrapponendo in tutto o in parte sezioni registrate a quelle live. Propendiamo per quest'ultima ipotesi.
Rubinstein Musiche per pianoforte a 4 mani – Vol.1
Pianoforti Sara Bartolucci, Rodolfo Alessandrini
cd Brilliant 95016
* * * *
Molto interessante questo cd registrato dal Duo di Firenze e dedicato a un repertorio da lungo tempo dimenticato. Diciamo subito che non si tratta di musica di livello straordinario, ma molte cose apprezzabili si trovano ad esempio nei sei Characterbilder op.50 del 1854-58, meno nella grande Sonata op.89, più pretenziosa da punto di vista formale e non eccessivamente inventiva, e nei più giovanili tre piccoli pezzi dell'op.9. Dal punto di vista storico la Sonata è peraltro interessante perché venne eseguita a Vienna nel 1871 da Rubinstein e da Franz Liszt, il quale ultimo come noto stimava moltissimo il collega. Non dimentichiamo poi che tutta la musica pianistica di Rubinstein contiene innumerevoli anticipazioni di quella che sarà la produzione di Ciaikovskij, e in questo caso è bene sottolineare quale sia la distanza temporale che separa la produzione dei due musicisti, distanza che va a tutto vantaggio della singolarità e originalità della figura di Rubinstein. Il piatto forte delle composizioni a 4 mani di Rubinstein dovrebbe comunque essere rappresentato dalla Suite op.109 intitolata Bal costumé e organizzata in ben venti pezzi brevi, duecento pagine a stampa che contengono titoli di sicuro effetto e che descrivono benissimo il clima di certe serate musicali nei salotti russi dell'epoca. Ci auguriamo vivamente che i bravi componenti del Duo di Firenze e la Brilliant riescano a portare avanti questo singolare Progetto-Rubinstein. Chiederemmo forse troppo nel mettere in lista anche le trascrizioni a 4 mani delle Sinfonie ?
Piatti 12 Capricci per violoncello
Violoncello Carmine Miranda
cd Navona Records NV5972
* * * *
La biografia del bergamasco Alfredo Piatti (1822 - 1901) è ricca di episodi curiosi e meritevoli di attenzione, a partire dal suo incontro con Liszt e dall'esecuzione del Quintetto di Schumann a fianco della moglie del compositore, Clara. I suoi Capricci op.25, accanto al Metodo per il violoncello, divennero subito famosi a partire dagli anni '70 dell'ottocento come composizioni utilissime per la didattica dello strumento e si possono considerare come scritti sulla scia di quelli di Paganini, senza peraltro richiedere un simile grado di virtuosismo trascendentale dal punto di vista strettamente tecnico. Richiedono però una grande musicalità e la capacità di ritrovare in essi una somma di tradizioni stilistiche che si possono far risalire alle Suites bachiane. La bella registrazione del venezuelano Carmine Miranda si affianca a quella già presente sul mercato incisa da Wen-Sinn Yang per la Arts Music e predilige il versante della cantabilità e della cura del suono a quello del semplice controllo tecnico. La conoscenza di Piatti e dei suoi Capricci è altamente consigliabile a tutti coloro che vogliono approfondire il repertorio strumentale italiano dell'800 ma dà anche la possibilità di ascoltare musica piacevolmente ispirata e ovviamente scritta in modo egregio per lo strumento .
Malipiero Opere per pianoforte (1909-1921)
Pianoforte Rira Lim
Cd Naxos 8.572517
* * * *
Ancora poco nota sia dal punto di vista discografico che da quello concertistico la storicamente importante produzione pianistica di Malipiero viene oggi più spesso ricordata nel campo del Concerto per pianoforte e orchestra. Il cd della naxos propone l'ascolto dei Poemetti lunari e dei Preludi autunnali, relativamente noti, accanto alle Risonanze, le Cavalcate e le Tre danze antiche (questi ultimi due numeri vengono presentati qui in prima esecuzione discografica). La pianista coreana Rira Lim, lodevole anche perché responsabile di scelte concertistiche coraggiose (ha eseguito i Poemetti in pubblico a New York) che molti suoi colleghi italiani non dimostrano di condividere, si segnala per correttezza di lettura e sa cogliere le linee di un discorso di non facilissima ricezione, se aggiungiamo il fatto che lo stesso autore giudicava i propri pezzi come "antipianistici". La produzione di Malipiero si estende tra il tra il 1905 e il 1964 e il titolo di questo cd fa ben sperare nel proseguimento dell'interesse da parte della Naxos verso la pubblicazione di una integrale.
Autori vari Scandale
Pianoforti Alice Sara Ott, Francesco Tristano
Cd DG 4793541
* *
Confesso di perdere del tutto le coordinate di giudizio quando mi trovo di fronte a un prodotto del genere, il cui titolo e le foto di copertina fanno pensare a tutto tranne che a una compilation di pezzi di musica classica. I due interpreti sono infatti fotografati in copertina in posizioni che denunciano una loro profonda complicità, un rapporto anticonformista che potrebbe essere vissuto all’insegna appunto dello scandalo. Il retro della confezione e le note di accompagnamento del cd però ci rassicurano a questo proposito, se non fosse per i piedi nudi del protagonista maschile e le pose che accompagnano un nuovo book fotografico dei due interpreti, tra i quali si spera intercorra qualcosa di più di un rapporto di lavoro. Dunque, nulla di scandaloso in ciò che le immagini vogliono far credere: lo scandalo è quello che accompagnò le prime esecuzioni di alcuni tra i pezzi in programma, primo fra tutti il Sacre di Stravinskij, del quale viene proposta la versione per pianoforte a quattro mani preparata dall’Autore. Il programma continua con la versione per due pianoforti de La valse di Ravel, un estratto da Sheherazade di Rimskij e un brano scritto da Francesco Tristano e intitolato “A soft shell groove”, nei quali non si capisce lo scandalo dove sia di casa. Le note di copertina a firma di Wolf Kampmann ci dovrebbero ulteriormente illuminare sui significati reconditi del disco. La Ott e Tristano “suonano così come comandano le loro dita (!) ed è forse la mancanza di inibizione con la quale si avvicinano ai classici della prima metà del secolo ventesimo ad alimentare la natura scandalosa di queste registrazioni”. Il testo diventa sempre più complicato (oltretutto non è nemmeno in italiano) e si perde successivamente in sentenze incomprensibili che non a caso vengono tradotte con significati differenti in tedesco e in francese. La verifica dell'ascolto porta a conclusioni meno alambiccate e tutto sommato neanche molto negative, anche se per lo Stravinskij e il Ravel consiglierei di rivolgersi altrove. Interessante è l'estratto da Sheherazade, di rara presentazione. Ma è un po' poco per giustificare l'acquisto dell'intero cd.
Pianoforte Igor Levit
2 cd Sony 88843036822
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Pianista di gusti raffinati, ascoltato dal vivo in Beethoven dove ha confermato doti innegabili ma anche la pericolosa tendenza ad addentrarsi in sofisticati particolari interpretativi che tolgono molta naturalezza al discorso, Levit si propone oggi sul terreno bachiano e lo fa con una integrale molto impegnativa, quella delle Partite. Si nota immediatamente in lui una scelta che predilige il lato Empfindsam a quello tutto giocato sui tempi veloci, gli staccati, la mancanza quasi totale di pedale proprio di famosi pianisti come la Tureck o Gould. Una scelta che a lungo andare genera inaspettatamente una certa monotonia e calo dell'attenzione. Tutto sembra qui "normalizzato", senza il ricorso a una varietà di atteggiamenti che tengano vivo il discorso e che soprattutto rendano giustizia alle straordinarie potenzialità di queste suites. Tra i momenti migliori citerei la Giga della quarta Partita, nella quale peraltro Levit non può esimersi dal rispettare il gioioso e frizzante incedere del testo originale. Se si ascoltano i cd attraverso l'interfaccia di un personal computer si nota un fastidioso errore di software, non so se imputabile alla mia copia dei dischi: le tracce non vengono indicate nella maniera corretta, rendendo difficile la navigazione.
Ciaikovskij Concerto n.1 op.23 Chopin Concerto n.1 op.11
Pianoforte Ingolf Wunder
Orchestra Filarmonica di S.Pietroburgo
Direttore Vladimir Ashkenazy
cd DG 4790670
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Se non fosse per la scelta di due concerti troppo inflazionati, questa incisione meriterebbe senz'altro il massimo plauso, perché tutte le componenti concorrono a formare un prodotto di alto livello. Wunder, classe 1985, è un pianista austriaco che ha vinto il secondo premio allo Chopin del 2010. Non ho avuto l'opportunità di ascoltarlo dal vivo, né sono a conoscenza di suoi recital avvenuti in territorio italiano, e le mie impressioni sono basate solamente sul qualche concerto radio e teletrasmesso: ottime qualità di interprete, bel suono, tecnica non infallibile e una tendenza a ... horowitzeggiare troppo, almeno nella scelta del repertorio (nel suo recital teletrasmesso da Baden-Baden il 90 % del programma faceva parte dell'arsenale di Horowitz, del quale egli recupera pure una grottesca Danse excentrique degli anni'30, oltre a riprodurre i vezzi contenuti nella rivisitazione di Etincelles di Moszkowski). Vladimir Ashkenazy è un accompagnatore di lusso e riesce a sottolineare sempre nuovi incisi che accrescono il valore sinfonico del celebre capolavoro di Ciaikovskij. Meno interessante è a parer mio la lettura del primo concerto di Chopin, per la quale Wunder ha però meritato un premio speciale al Concorso del 2010. Si parla qui di un live registrato alle Notti Bianche di San Pietroburgo nel giugno del 2012. I casi sono tre: o il pubblico russo è estremamente silenzioso, o si è effettuato un taglio proprio in concomitanza dei punti finali dei concerti (come facevano le radio tedesche fino agli anni '80), o è stato condotto un accurato lavoro di pulizia in studio, sovrapponendo in tutto o in parte sezioni registrate a quelle live. Propendiamo per quest'ultima ipotesi.
Rubinstein Musiche per pianoforte a 4 mani – Vol.1
Pianoforti Sara Bartolucci, Rodolfo Alessandrini
cd Brilliant 95016
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Molto interessante questo cd registrato dal Duo di Firenze e dedicato a un repertorio da lungo tempo dimenticato. Diciamo subito che non si tratta di musica di livello straordinario, ma molte cose apprezzabili si trovano ad esempio nei sei Characterbilder op.50 del 1854-58, meno nella grande Sonata op.89, più pretenziosa da punto di vista formale e non eccessivamente inventiva, e nei più giovanili tre piccoli pezzi dell'op.9. Dal punto di vista storico la Sonata è peraltro interessante perché venne eseguita a Vienna nel 1871 da Rubinstein e da Franz Liszt, il quale ultimo come noto stimava moltissimo il collega. Non dimentichiamo poi che tutta la musica pianistica di Rubinstein contiene innumerevoli anticipazioni di quella che sarà la produzione di Ciaikovskij, e in questo caso è bene sottolineare quale sia la distanza temporale che separa la produzione dei due musicisti, distanza che va a tutto vantaggio della singolarità e originalità della figura di Rubinstein. Il piatto forte delle composizioni a 4 mani di Rubinstein dovrebbe comunque essere rappresentato dalla Suite op.109 intitolata Bal costumé e organizzata in ben venti pezzi brevi, duecento pagine a stampa che contengono titoli di sicuro effetto e che descrivono benissimo il clima di certe serate musicali nei salotti russi dell'epoca. Ci auguriamo vivamente che i bravi componenti del Duo di Firenze e la Brilliant riescano a portare avanti questo singolare Progetto-Rubinstein. Chiederemmo forse troppo nel mettere in lista anche le trascrizioni a 4 mani delle Sinfonie ?
Piatti 12 Capricci per violoncello
Violoncello Carmine Miranda
cd Navona Records NV5972
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La biografia del bergamasco Alfredo Piatti (1822 - 1901) è ricca di episodi curiosi e meritevoli di attenzione, a partire dal suo incontro con Liszt e dall'esecuzione del Quintetto di Schumann a fianco della moglie del compositore, Clara. I suoi Capricci op.25, accanto al Metodo per il violoncello, divennero subito famosi a partire dagli anni '70 dell'ottocento come composizioni utilissime per la didattica dello strumento e si possono considerare come scritti sulla scia di quelli di Paganini, senza peraltro richiedere un simile grado di virtuosismo trascendentale dal punto di vista strettamente tecnico. Richiedono però una grande musicalità e la capacità di ritrovare in essi una somma di tradizioni stilistiche che si possono far risalire alle Suites bachiane. La bella registrazione del venezuelano Carmine Miranda si affianca a quella già presente sul mercato incisa da Wen-Sinn Yang per la Arts Music e predilige il versante della cantabilità e della cura del suono a quello del semplice controllo tecnico. La conoscenza di Piatti e dei suoi Capricci è altamente consigliabile a tutti coloro che vogliono approfondire il repertorio strumentale italiano dell'800 ma dà anche la possibilità di ascoltare musica piacevolmente ispirata e ovviamente scritta in modo egregio per lo strumento .
Malipiero Opere per pianoforte (1909-1921)
Pianoforte Rira Lim
Cd Naxos 8.572517
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Ancora poco nota sia dal punto di vista discografico che da quello concertistico la storicamente importante produzione pianistica di Malipiero viene oggi più spesso ricordata nel campo del Concerto per pianoforte e orchestra. Il cd della naxos propone l'ascolto dei Poemetti lunari e dei Preludi autunnali, relativamente noti, accanto alle Risonanze, le Cavalcate e le Tre danze antiche (questi ultimi due numeri vengono presentati qui in prima esecuzione discografica). La pianista coreana Rira Lim, lodevole anche perché responsabile di scelte concertistiche coraggiose (ha eseguito i Poemetti in pubblico a New York) che molti suoi colleghi italiani non dimostrano di condividere, si segnala per correttezza di lettura e sa cogliere le linee di un discorso di non facilissima ricezione, se aggiungiamo il fatto che lo stesso autore giudicava i propri pezzi come "antipianistici". La produzione di Malipiero si estende tra il tra il 1905 e il 1964 e il titolo di questo cd fa ben sperare nel proseguimento dell'interesse da parte della Naxos verso la pubblicazione di una integrale.
Autori vari Scandale
Pianoforti Alice Sara Ott, Francesco Tristano
Cd DG 4793541
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Confesso di perdere del tutto le coordinate di giudizio quando mi trovo di fronte a un prodotto del genere, il cui titolo e le foto di copertina fanno pensare a tutto tranne che a una compilation di pezzi di musica classica. I due interpreti sono infatti fotografati in copertina in posizioni che denunciano una loro profonda complicità, un rapporto anticonformista che potrebbe essere vissuto all’insegna appunto dello scandalo. Il retro della confezione e le note di accompagnamento del cd però ci rassicurano a questo proposito, se non fosse per i piedi nudi del protagonista maschile e le pose che accompagnano un nuovo book fotografico dei due interpreti, tra i quali si spera intercorra qualcosa di più di un rapporto di lavoro. Dunque, nulla di scandaloso in ciò che le immagini vogliono far credere: lo scandalo è quello che accompagnò le prime esecuzioni di alcuni tra i pezzi in programma, primo fra tutti il Sacre di Stravinskij, del quale viene proposta la versione per pianoforte a quattro mani preparata dall’Autore. Il programma continua con la versione per due pianoforti de La valse di Ravel, un estratto da Sheherazade di Rimskij e un brano scritto da Francesco Tristano e intitolato “A soft shell groove”, nei quali non si capisce lo scandalo dove sia di casa. Le note di copertina a firma di Wolf Kampmann ci dovrebbero ulteriormente illuminare sui significati reconditi del disco. La Ott e Tristano “suonano così come comandano le loro dita (!) ed è forse la mancanza di inibizione con la quale si avvicinano ai classici della prima metà del secolo ventesimo ad alimentare la natura scandalosa di queste registrazioni”. Il testo diventa sempre più complicato (oltretutto non è nemmeno in italiano) e si perde successivamente in sentenze incomprensibili che non a caso vengono tradotte con significati differenti in tedesco e in francese. La verifica dell'ascolto porta a conclusioni meno alambiccate e tutto sommato neanche molto negative, anche se per lo Stravinskij e il Ravel consiglierei di rivolgersi altrove. Interessante è l'estratto da Sheherazade, di rara presentazione. Ma è un po' poco per giustificare l'acquisto dell'intero cd.
The Classic Voice n.186
Nelson Freire Radio Days 1968-1979
Pianoforte Nelson Freire
Orchestre varie
Direttori vari
2 cd Decca 478 6772
* * * *
L’8 ottobre scorso Nelson Freire ha compiuto 70 anni e appartiene dunque a quella fortunata generazione di pianisti che si chiamano Argerich, Lupu, Pollini, nati negli anni terribili della guerra e fortunatamente destinati a crescere artisticamente e a riscuotere successi in epoche ben più felici. Il nome di Freire ha iniziato a circolare in Italia piuttosto tardi, o meglio è comparso di sfuggita in qualche locandina all’inizio degli anni ’70 per poi riapparire solamente tredici anni dopo a Brescia e Bergamo e stabilizzare la propria presenza negli anni ’90 soprattutto a fianco dell’amica Martha Argerich. Questo interessante album della Decca ci ricorda invece come la figura di Freire fosse ben nota nell’ambiente musicale almeno a partire dalla fine degli anni ’60 anche attraverso trasmissioni radiofoniche realizzate in Francia e Germania, fortunatamente conservate e oggi riportate alla luce grazie a un buon lavoro di rimasterizzazione. Ne esce la conferma della figura di un pianista di primo livello che come unica sfortuna ha forse avuto quella di essere rimasto sempre “sulle generali” senza mostrare mai il proprio interesse verso un repertorio maggiormente orientato. Anche in questi dischi si ascoltano concerti per pianoforte e orchestra molto noti (i n.1 di Ciaikovskij, Chopin, Prokofiev, il secondo di Liszt, il terzo di Rachmaninov, accanto al Konzertstück op.134 di Schumann) in esecuzioni non sempre ispirate per quanto riguarda l’apporto di bacchette pur note come quelle di Wallberg, Masur, Ahronovitch, Zinman. Freire si conferma qui ancora una volta come interprete che convince di più nel momento del “live”, ma sarebbe difficile individuare in lui una linea di pensiero che riesca a dimostrare una sua ricerca precisa di contenuti che vadano al di là di una pur riuscita bella lettura dei classici e l’impiego di una sonorità sempre calda e avvincente.
Weber Concerti per clarinetto, Quintetto per clarinetto e archi
Clarinetto David Glazer, Gervase de Peyer
Orchestra Württemburg Chamber Orchestra
cd alto ALC 1252
*/ * * * *
Al di là dell’eccellenza delle esecuzioni riportate in questo cd, va detto che l’etichetta Alto compie qui un’operazione molto scorretta pubblicando un disco (cioè recuperando vecchie matrici) che riporta tre lavori molto importanti per clarinetto di Weber senza indicare né le date delle incisioni originali, né addirittura l’esatta ripartizione degli interpreti che concorsero alla incisione di questi titoli. La consultazione del sito della Alto risulta del tutto inutile, perché il cd in questione non è (ancora) citato. Altre ricerche ci portano a supporre che il Quintetto venne inciso da Peyer con il Melos ensemble per la Decca tra il 1950 e il 1962, e che il Concerto n.1 abbia come protagonista David Glazer con la Württemberg Chamber Orchestra Heilbronn diretta da Jörg Faerber. Quanto al secondo Concerto di Weber, la consultazione di un sito commerciale che riporta la vendita del cd in questione ci informa che l’esecuzione del pezzo sarebbe affidata a Gervase de Peyer ma con la partecipazione della London Symphony Orchestra diretta da Colin Davis, notizia che non è riportata né sul cd né sul contenitore dello stesso. Insomma, tutto molto bello, ma gradiremmo sapere che cosa abbiamo ascoltato e interpretato da chi !
Schubert Sonate (11)
Pianoforte Daniel Barenboim
5 cd DG 479 2783
* * * * *
“Per molto tempo non ho prestato grande attenzione a queste opera meravigliose, che praticamente non ebbero ruolo alcuno nei miei studi alla fine degli anni ’40… Fu solo nel 1978 che, preparando dei concerti per il 150mo anniversario della morte di Schubert, mi occupai anche delle ultime tre sonate, che mi coinvolsero immediatamente … dovetti però attendere fino ai nostri giorni per trovare la sufficiente tranquillità per dedicare a queste sonate la mia completa attenzione.” Così Daniel Barenboim introduce la sua ultima fatica, che va presentando in questi mesi anche in pubblico nei più grandi centri musicali, Scala compresa. A parte il ben noto problema del sovraffollamento di impegni del Maestro, e quindi dell’impossibilità da parte sua di dedicarsi contemporaneamente a tutto lo scibile musicale, queste dichiarazioni riportano alla luce l’ancora dibattuta questione relativa alla scarsa diffusione delle sonate di Schubert nel repertorio comune dei pianisti, almeno fino agli anni ’60-’70 del secolo scorso. Vi furono sostanzialmente in passato problemi di ricezione legati alla struttura formale delle sonate; problemi percepiti chiaramente già da musicisti come Schumann e Liszt ma oggi indicati a fondo, forse fin troppo a fondo, utilizzando metodi moderni di analisi della forma (“Harmony in Schubert” pubblicato nel 2010 dal musicologo David Damschroder è più complesso di un trattato di Geometria algebrica). Problemi legati alla smussata differenziazione tra i temi stessi, al contrario di quanto veniva indicato dallo stile classico e soprattutto da molti esempi beethoveniani, problemi tecnici non trascurabili legati a una tecnica spesso avvantaggiata dall’uso dei pianoforti dell’epoca di Schubert, e via dicendo. Certo, le cose sono cambiate radicalmente almeno da quando grandi pianisti come Kempff, Richter, Brendel, Lupu, Schiff , partendo dal pionieristico intervento di Arthur Schnabel, hanno presentato in disco e in pubblico estese porzioni di sonate (complete o meno) a un pubblico sempre più interessato. Ma ancora oggi non sono molti i giovani pianisti che si dedicano con passione a questo straordinario comparto della produzione schubertiana, motivo che non rende certo inutile l’attuale proposta da parte di Barenboim. L'approccio di quest’ultimo non ha nulla di accademico e sembra essere quello di un pianista eccezionalmente dotato e di un musicista completo, che legge spesso per la prima volta questi singolari capolavori con una enorme conoscenza del linguaggio musicale in generale. Barenboim sembra seguire una strada che parte innanzitutto dalla propria sensibilità personale, ed essendo dotato di personalità da vendere non sbaglia di certo nelle scelte. L’amore verso gli aspetti più legati alla cantabilità dello strumento viene fuori ovunque, a volte con dei "filati" degni di un grande belcantista (il tempo lento e il Minuetto della D.568 sono solamente due tra i moltissimi esempi). Il fraseggio è sempre convincente, le difficoltà pianistiche risolte con intelligenza e grande virtuosismo (il virtuosismo di non fare sentire le difficoltà stesse !), gli aspetti analitici affrontati con la semplicità di chi traduce in musica pura quel divagare continuo tra regioni armonicamente spesso assai lontane o quel ripetere a volte ossessivo di cellule tematiche semplici. Tutto ciò contribuisce a formare una raccolta di incisioni che si mantengono sempre su un livello altissimo di comunicazione musicale e che arricchiscono in maniera fondamentale la nostra conoscenza di questo insolito e affascinante capitolo della produzione schubertiana. Rimane solo un aspetto non indifferente da notare, ossia la reale percezione di questo tipo di repertorio attraverso il disco o in sala da concerto. Chi ha assistito tre anni fa a un recital scaligero di Barenboim alla Scala con l’inclusione delle sonate D.958 e D.894 avrà notato come in un ambiente così grande molti dettagli si perdano completamente, rendendo l’ascolto particolarmente difficile e tutto sommato insoddisfacente.
Bach-Busoni Complete transcriptions
Pianoforte Sandro Ivo Bartoli
2 cd Brilliant Classics 94867
* * *
Dopo essere state bandite dalle sale in un’epoca in cui le trascrizioni non andavano certo di moda, quelle di Busoni sugli originali organistici di Bach (e sulla Ciaccona per violino solo) erano ricomparse in disco, ma quasi mai in forma completa. L’eccellenza assoluta di alcuni numeri nell’interpretazione di giganti quali Horowitz, Gilels, Michelangeli avevano poi distratto l’ascoltatore dal prendere in seria considerazione altre pubblicazioni più organiche, se non come riferimento da conservare negli archivi. Sandro Ivo Baldi si dichiara nelle note di copertina ammiratore sfegatato di Shura Cherkassky , con il quale ebbe opportunità di lavorare negli ultimi anni di vita del fascinoso pianista. Da virtuoso d’altri tempi Cherkassky ebbe in repertorio diverse trascrizioni bachiane da Liszt e Tausig e almeno due da Busoni, che feci in tempo ad ascoltare (la Ciaccona e la Toccata, Adagio e Fuga BWV.564). Baldi tenta di applicare anche agli altri Preludi e fughe di Bach-Busoni gli stessi criteri interpretativi, prediligendo il colore al rigore ritmico, il fraseggio romantico a quello barocco ma non possiede il fascino coloristico di Shura e ripropone un rubato che era giustificabile solamente come prodotto dalle mani di un pianista ultraottantenne e allevato alla scuola di Hofmann. Ecco allora che le maestose architetture della maggior parte dei lavori contenuti in questi cd perdono spesso la loro grandiosità per lasciare il posto a un fraseggio privo di nerbo. I tempi sono decisamente più lenti dell’usuale ma soprattutto manca quella tensione e precisione ritmica che è irrinunciabile, considerando anche il carattere dei lavori bachiani originali. Peccato, perché l’occasione e il progetto erano sulla carta più che stimolanti.
Strauss Opere complete per pianoforte - Vol.1
Pianoforte Dario Bonuccelli
Cd Dynamic CDS 7695
* * * *
La curiosità di andare a esplorare le partizioni meno note della produzione di musicisti famosi spinge oggi Dario Bonuccelli a impegnarsi in una integrale che direi essere più doverosa che interessante. E’vero che i pochi lavori pianistici di Richard Strauss pubblicati con tanto di numero d’opera sono poco noti al pubblico; è vero che se si va a pescare nella considerevole mole di inediti catalogati da Franz Trenner nel 1999 e noti attraverso la sigla TrV si trovano numerosi lavori per pianoforte appartenenti al periodo 1870-1880, pubblicati solamente una decina d’anni fa da Schott; è vero che la maggior parte di queste brevi pagine non è mai stata incisa e il disco di Bonuccelli può a buon titolo essere fiero di riportare il marchio “first recordings” per ben 22 tracce su 27. Ma l’ascolto di quasi tutto il contenuto del cd è molto deludente, e non certo per colpa di Bonuccelli. Si tratta di pezzettini troppo innocui per essere presi sul serio e tutto sommato poco meritevoli di essere suonati se non appunto come documento della non geniale fantasia dello Strauss bambino. Si salvano ovviamente i Klavierstücke op.3 del 1880-8, pur imbevuti da cima a fondo di suggestioni schumanniane.
Pianoforte Nelson Freire
Orchestre varie
Direttori vari
2 cd Decca 478 6772
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L’8 ottobre scorso Nelson Freire ha compiuto 70 anni e appartiene dunque a quella fortunata generazione di pianisti che si chiamano Argerich, Lupu, Pollini, nati negli anni terribili della guerra e fortunatamente destinati a crescere artisticamente e a riscuotere successi in epoche ben più felici. Il nome di Freire ha iniziato a circolare in Italia piuttosto tardi, o meglio è comparso di sfuggita in qualche locandina all’inizio degli anni ’70 per poi riapparire solamente tredici anni dopo a Brescia e Bergamo e stabilizzare la propria presenza negli anni ’90 soprattutto a fianco dell’amica Martha Argerich. Questo interessante album della Decca ci ricorda invece come la figura di Freire fosse ben nota nell’ambiente musicale almeno a partire dalla fine degli anni ’60 anche attraverso trasmissioni radiofoniche realizzate in Francia e Germania, fortunatamente conservate e oggi riportate alla luce grazie a un buon lavoro di rimasterizzazione. Ne esce la conferma della figura di un pianista di primo livello che come unica sfortuna ha forse avuto quella di essere rimasto sempre “sulle generali” senza mostrare mai il proprio interesse verso un repertorio maggiormente orientato. Anche in questi dischi si ascoltano concerti per pianoforte e orchestra molto noti (i n.1 di Ciaikovskij, Chopin, Prokofiev, il secondo di Liszt, il terzo di Rachmaninov, accanto al Konzertstück op.134 di Schumann) in esecuzioni non sempre ispirate per quanto riguarda l’apporto di bacchette pur note come quelle di Wallberg, Masur, Ahronovitch, Zinman. Freire si conferma qui ancora una volta come interprete che convince di più nel momento del “live”, ma sarebbe difficile individuare in lui una linea di pensiero che riesca a dimostrare una sua ricerca precisa di contenuti che vadano al di là di una pur riuscita bella lettura dei classici e l’impiego di una sonorità sempre calda e avvincente.
Weber Concerti per clarinetto, Quintetto per clarinetto e archi
Clarinetto David Glazer, Gervase de Peyer
Orchestra Württemburg Chamber Orchestra
cd alto ALC 1252
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Al di là dell’eccellenza delle esecuzioni riportate in questo cd, va detto che l’etichetta Alto compie qui un’operazione molto scorretta pubblicando un disco (cioè recuperando vecchie matrici) che riporta tre lavori molto importanti per clarinetto di Weber senza indicare né le date delle incisioni originali, né addirittura l’esatta ripartizione degli interpreti che concorsero alla incisione di questi titoli. La consultazione del sito della Alto risulta del tutto inutile, perché il cd in questione non è (ancora) citato. Altre ricerche ci portano a supporre che il Quintetto venne inciso da Peyer con il Melos ensemble per la Decca tra il 1950 e il 1962, e che il Concerto n.1 abbia come protagonista David Glazer con la Württemberg Chamber Orchestra Heilbronn diretta da Jörg Faerber. Quanto al secondo Concerto di Weber, la consultazione di un sito commerciale che riporta la vendita del cd in questione ci informa che l’esecuzione del pezzo sarebbe affidata a Gervase de Peyer ma con la partecipazione della London Symphony Orchestra diretta da Colin Davis, notizia che non è riportata né sul cd né sul contenitore dello stesso. Insomma, tutto molto bello, ma gradiremmo sapere che cosa abbiamo ascoltato e interpretato da chi !
Schubert Sonate (11)
Pianoforte Daniel Barenboim
5 cd DG 479 2783
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“Per molto tempo non ho prestato grande attenzione a queste opera meravigliose, che praticamente non ebbero ruolo alcuno nei miei studi alla fine degli anni ’40… Fu solo nel 1978 che, preparando dei concerti per il 150mo anniversario della morte di Schubert, mi occupai anche delle ultime tre sonate, che mi coinvolsero immediatamente … dovetti però attendere fino ai nostri giorni per trovare la sufficiente tranquillità per dedicare a queste sonate la mia completa attenzione.” Così Daniel Barenboim introduce la sua ultima fatica, che va presentando in questi mesi anche in pubblico nei più grandi centri musicali, Scala compresa. A parte il ben noto problema del sovraffollamento di impegni del Maestro, e quindi dell’impossibilità da parte sua di dedicarsi contemporaneamente a tutto lo scibile musicale, queste dichiarazioni riportano alla luce l’ancora dibattuta questione relativa alla scarsa diffusione delle sonate di Schubert nel repertorio comune dei pianisti, almeno fino agli anni ’60-’70 del secolo scorso. Vi furono sostanzialmente in passato problemi di ricezione legati alla struttura formale delle sonate; problemi percepiti chiaramente già da musicisti come Schumann e Liszt ma oggi indicati a fondo, forse fin troppo a fondo, utilizzando metodi moderni di analisi della forma (“Harmony in Schubert” pubblicato nel 2010 dal musicologo David Damschroder è più complesso di un trattato di Geometria algebrica). Problemi legati alla smussata differenziazione tra i temi stessi, al contrario di quanto veniva indicato dallo stile classico e soprattutto da molti esempi beethoveniani, problemi tecnici non trascurabili legati a una tecnica spesso avvantaggiata dall’uso dei pianoforti dell’epoca di Schubert, e via dicendo. Certo, le cose sono cambiate radicalmente almeno da quando grandi pianisti come Kempff, Richter, Brendel, Lupu, Schiff , partendo dal pionieristico intervento di Arthur Schnabel, hanno presentato in disco e in pubblico estese porzioni di sonate (complete o meno) a un pubblico sempre più interessato. Ma ancora oggi non sono molti i giovani pianisti che si dedicano con passione a questo straordinario comparto della produzione schubertiana, motivo che non rende certo inutile l’attuale proposta da parte di Barenboim. L'approccio di quest’ultimo non ha nulla di accademico e sembra essere quello di un pianista eccezionalmente dotato e di un musicista completo, che legge spesso per la prima volta questi singolari capolavori con una enorme conoscenza del linguaggio musicale in generale. Barenboim sembra seguire una strada che parte innanzitutto dalla propria sensibilità personale, ed essendo dotato di personalità da vendere non sbaglia di certo nelle scelte. L’amore verso gli aspetti più legati alla cantabilità dello strumento viene fuori ovunque, a volte con dei "filati" degni di un grande belcantista (il tempo lento e il Minuetto della D.568 sono solamente due tra i moltissimi esempi). Il fraseggio è sempre convincente, le difficoltà pianistiche risolte con intelligenza e grande virtuosismo (il virtuosismo di non fare sentire le difficoltà stesse !), gli aspetti analitici affrontati con la semplicità di chi traduce in musica pura quel divagare continuo tra regioni armonicamente spesso assai lontane o quel ripetere a volte ossessivo di cellule tematiche semplici. Tutto ciò contribuisce a formare una raccolta di incisioni che si mantengono sempre su un livello altissimo di comunicazione musicale e che arricchiscono in maniera fondamentale la nostra conoscenza di questo insolito e affascinante capitolo della produzione schubertiana. Rimane solo un aspetto non indifferente da notare, ossia la reale percezione di questo tipo di repertorio attraverso il disco o in sala da concerto. Chi ha assistito tre anni fa a un recital scaligero di Barenboim alla Scala con l’inclusione delle sonate D.958 e D.894 avrà notato come in un ambiente così grande molti dettagli si perdano completamente, rendendo l’ascolto particolarmente difficile e tutto sommato insoddisfacente.
Bach-Busoni Complete transcriptions
Pianoforte Sandro Ivo Bartoli
2 cd Brilliant Classics 94867
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Dopo essere state bandite dalle sale in un’epoca in cui le trascrizioni non andavano certo di moda, quelle di Busoni sugli originali organistici di Bach (e sulla Ciaccona per violino solo) erano ricomparse in disco, ma quasi mai in forma completa. L’eccellenza assoluta di alcuni numeri nell’interpretazione di giganti quali Horowitz, Gilels, Michelangeli avevano poi distratto l’ascoltatore dal prendere in seria considerazione altre pubblicazioni più organiche, se non come riferimento da conservare negli archivi. Sandro Ivo Baldi si dichiara nelle note di copertina ammiratore sfegatato di Shura Cherkassky , con il quale ebbe opportunità di lavorare negli ultimi anni di vita del fascinoso pianista. Da virtuoso d’altri tempi Cherkassky ebbe in repertorio diverse trascrizioni bachiane da Liszt e Tausig e almeno due da Busoni, che feci in tempo ad ascoltare (la Ciaccona e la Toccata, Adagio e Fuga BWV.564). Baldi tenta di applicare anche agli altri Preludi e fughe di Bach-Busoni gli stessi criteri interpretativi, prediligendo il colore al rigore ritmico, il fraseggio romantico a quello barocco ma non possiede il fascino coloristico di Shura e ripropone un rubato che era giustificabile solamente come prodotto dalle mani di un pianista ultraottantenne e allevato alla scuola di Hofmann. Ecco allora che le maestose architetture della maggior parte dei lavori contenuti in questi cd perdono spesso la loro grandiosità per lasciare il posto a un fraseggio privo di nerbo. I tempi sono decisamente più lenti dell’usuale ma soprattutto manca quella tensione e precisione ritmica che è irrinunciabile, considerando anche il carattere dei lavori bachiani originali. Peccato, perché l’occasione e il progetto erano sulla carta più che stimolanti.
Strauss Opere complete per pianoforte - Vol.1
Pianoforte Dario Bonuccelli
Cd Dynamic CDS 7695
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La curiosità di andare a esplorare le partizioni meno note della produzione di musicisti famosi spinge oggi Dario Bonuccelli a impegnarsi in una integrale che direi essere più doverosa che interessante. E’vero che i pochi lavori pianistici di Richard Strauss pubblicati con tanto di numero d’opera sono poco noti al pubblico; è vero che se si va a pescare nella considerevole mole di inediti catalogati da Franz Trenner nel 1999 e noti attraverso la sigla TrV si trovano numerosi lavori per pianoforte appartenenti al periodo 1870-1880, pubblicati solamente una decina d’anni fa da Schott; è vero che la maggior parte di queste brevi pagine non è mai stata incisa e il disco di Bonuccelli può a buon titolo essere fiero di riportare il marchio “first recordings” per ben 22 tracce su 27. Ma l’ascolto di quasi tutto il contenuto del cd è molto deludente, e non certo per colpa di Bonuccelli. Si tratta di pezzettini troppo innocui per essere presi sul serio e tutto sommato poco meritevoli di essere suonati se non appunto come documento della non geniale fantasia dello Strauss bambino. Si salvano ovviamente i Klavierstücke op.3 del 1880-8, pur imbevuti da cima a fondo di suggestioni schumanniane.
The Classic Voice n.185
Mozart Concerti K.449 e K.595, Rondò K.382
Pianoforte Ingrid Jacoby
Orchestra Academy of St.Martin in the fields
Direttore Neville Marriner
cd ica classics ICAC5125
* * *
Nome noto soprattutto in Inghilterra e negli Stati Uniti, la Jacoby incide dal 2012 per l’etichetta ICA e si è dedicata in tempi recenti alla registrazione dei Concerti di Beethoven. Ingrid Jacoby discende nientemeno che da quel Principe Luigi Ferdinando di Prussia (1772 - 1806), compositore di un certa importanza cui Beethoven dedicò uno dei propri capolavori, il Concerto n.3 op.37. L'opera omnia del Principe venne pubblicata con tutti gli onori nell'800 da Breitkopf (probabilmente deviando l’interesse della casa editrice verso altre e più meritevoli creazioni di musicisti meno blasonati). Se a tutto ciò aggiungiamo il fatto che il Principe era nipote di Federico il grande, ecco che i riferimenti musicali si moltiplicano qui fino a tirare in ballo l'Offerta musicale e i pianoforti Silbermann. Il pianismo della discendente di cotanto illustre stirpe è improntato al raggiungimento della massima chiarezza nei dettagli, sacrificando a volte l’impellenza del discorso in favore di una fin troppo meditata scansione di ogni minimo particolare (si noti ad esempio l’incipit del terzo movimento del Concerto K.449). Nulla da dire sulla correttezza dell'esecuzione, ma in quanto al valore editoriale di questa pubblicazione siamo sempre alle solite : si ha idea di quante incisioni siano disponibili sul mercato di questi due importantissimi elementi del repertorio ?
Schubert Opere per pianoforte a 4 mani
Pianoforti Marco Schiavo, Sergio Marchegiani
Cd Decca 481 1028
* * *
Anche sui contenuti di questo nuovo disco tutto italiano non vi è ovviamente nulla da ridire: si tratta di una breve compilation messa a punto a partire da uno dei comparti più importanti della produzione schubertiana, un classico per definizione all’interno della enorme letteratura per pianoforte a quattro mani. Schiavo e Marchegiani, a fianco del capolavoro assoluto (La Fantasia in fa minore) scelgono qui due elementi in forma di variazione (su un tema originale D.968A e su una melodia francese D.624), due in forma di danza (la Danza tedesca D.618 e i Laendler D.814) e infine l'Allegro e Andante in do minore D.968. La Fantasia stenta a mio parere a decollare, come se gli interpreti fossero come soggiogati di fronte a un'eloquenza così disarmante, ma le cose vanno meglio nel seguito. Mi ripeterò, ma mancano a mio parere anche in questo caso i presupposti per un progetto culturalmente e editorialmente valido : la scelta sul mercato di incisioni di queste musiche è assai ampia e non trovo motivi sufficienti di eccellenza per raccomandare proprio questo prodotto né al neofita né allo specialista.
Bartók Opere complete per due pianoforti
Pianoforti Matteo Fossi, Marco Gaggini
2 cd Brilliant Classics 94737
* * * * *
Bene hanno fatto Fossi e Gaggini in questo doppio cd bartokiano a non limitare il loro lavoro alla sola Sonata per due pianoforti e percussioni - capolavoro del resto irrinunciabile, qui eseguito con i solisti Federico Poli e Gianni Giangrasso - ma a spingersi ad affrontare la meno nota versione pianistica del Mandarino miracoloso (o meraviglioso) e a completare le scelte con i pezzi per due pianoforti tratti dal Mikrokosmos e con la Suite op.4b trascritta dall'originale per orchestra. Non solo, per correttezza di ottimizzazione degli spazi i due pianisti hanno anche aggiunto al corposo menù i Tre pezzi per due pianoforti di Ligeti, scelta in questo caso più che azzeccata. Si tratta di pagine non frequentemente incise o eseguite in pubblico che furono trascritte da Bartók per ampliare il proprio repertorio per duo pianistico in vista dell’attività concertistica intrapresa con la moglie Ditta Pásztory a partire dal 1938. La Suite op.4b, scritta nel 1904-1905, fu pubblicata nel 1941. Quella tratta dal Mandarino (in una versione per pianoforte a 4 mani) esce da un percorso più tortuoso che viene efficacemente illustrato nelle note di accompagnamento dei due cd a firma di Marco Gaggini. I due pianisti eseguono in questo caso la trascrizione sui due pianoforti per maggiore comodità. Esecuzioni limpide, stilisticamente centrate e con la giusta dose di entusiasmo e partecipazione personale, ossia quanto di meglio ci si possa attendere da una pubblicazione di notevole interesse editoriale.
Chopin Concerti op.11 e 21
Pianoforte Nikolai Luganski
Orchestra Sinfonia Varsovia
Direttore Alexander Vedernikov
Cd naive AM212
* * * * *
La sicurezza, il mestiere, la musicalità innata di un pianista come Luganski sono elementi sufficienti a far sì che questa ennesima incisione dei due concerti chopiniani possa essere completamente esente da qualsiasi tipo di appunto, e francamente non comprendiamo come mai certi commentatori inglesi abbiano qui trovato motivi di leggero biasimo a causa di non ben precisati elementi di manierismo. Come si fa a evitare il manierismo, del resto, andando a rileggere dei testi che sono stati esplorati in lungo e in largo attraverso quasi duecento anni di esecuzioni, molte delle quali fissate per sempre sul disco ? Caratteristica di queste letture di Luganski è semmai la scansione piuttosto lenta di molte frasi, senza che per questo il pianista possa essere tacciato di autocompiacimento o di "uso improprio" delle celestiali melodie che si ascoltano in ambedue i concerti. La chiarezza dell'articolazione e la bellezza del suono nei passaggi di agilità è del resto da manuale e Vedernikov accompagna a meraviglia il pianista, in completa sintonia di idee. Per una volta tanto sorvoliamo sull'unico vero appunto che potrebbe essere mosso in questo caso (la solita questione del sovraffollamento dei titoli in questione nei cataloghi discografici) e assegniamo qui volentieri la fatidica "quinta stella".
Verroust Solos de concert per oboe e pianoforte
Oboe Enrico Calcagni
Pianoforte Alberto Magagni
Cd Dynamic CDS 7696
* * * *
Con il termine di”Solo de concert” si incontrano spesso nell’editoria ottocentesca degli estratti che isolano i passaggi più caratteristici di un concerto per strumento solista e orchestra. Il termine era però anche legato a composizioni originali che miravano a sottolineare il carattere predominante della parte solista in un pezzo di brevi dimensioni con accompagnamento orchestrale, cosa che avviene negli esempi di Verroust, dedicati al duo oboe e pianoforte. Stanislas Verroust (1814 – 1863) fu uno degli oboisti più famosi del suo tempo e ha lasciato una notevole mole di composizioni, quasi tutte per il duo protagonista di questo cd della Dynamic. I 12 Solos – qui ne ascoltiamo una scelta di sei – seguono una struttura multipartita pur nelle brevi dimensioni e sono improntati a un gusto melodico che risente molto delle suggestioni provenienti dal mondo dell’opera italiana. A questi pezzi il duo aggiunge una delle Fantasie che Verroust scrisse espressamente su temi d’opera, quella dedicata a un titolo (“Le Planteur” del francese Hyppolite Monpou) scomparso dal repertorio teatrale. Bravissimo Enrico Calcagni nel ricreare gli effetti di un virtuosismo d’altri tempi. L’accompagnamento di Alberto Magagni ci sembra fin troppo discreto.
Pianoforte Ingrid Jacoby
Orchestra Academy of St.Martin in the fields
Direttore Neville Marriner
cd ica classics ICAC5125
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Nome noto soprattutto in Inghilterra e negli Stati Uniti, la Jacoby incide dal 2012 per l’etichetta ICA e si è dedicata in tempi recenti alla registrazione dei Concerti di Beethoven. Ingrid Jacoby discende nientemeno che da quel Principe Luigi Ferdinando di Prussia (1772 - 1806), compositore di un certa importanza cui Beethoven dedicò uno dei propri capolavori, il Concerto n.3 op.37. L'opera omnia del Principe venne pubblicata con tutti gli onori nell'800 da Breitkopf (probabilmente deviando l’interesse della casa editrice verso altre e più meritevoli creazioni di musicisti meno blasonati). Se a tutto ciò aggiungiamo il fatto che il Principe era nipote di Federico il grande, ecco che i riferimenti musicali si moltiplicano qui fino a tirare in ballo l'Offerta musicale e i pianoforti Silbermann. Il pianismo della discendente di cotanto illustre stirpe è improntato al raggiungimento della massima chiarezza nei dettagli, sacrificando a volte l’impellenza del discorso in favore di una fin troppo meditata scansione di ogni minimo particolare (si noti ad esempio l’incipit del terzo movimento del Concerto K.449). Nulla da dire sulla correttezza dell'esecuzione, ma in quanto al valore editoriale di questa pubblicazione siamo sempre alle solite : si ha idea di quante incisioni siano disponibili sul mercato di questi due importantissimi elementi del repertorio ?
Schubert Opere per pianoforte a 4 mani
Pianoforti Marco Schiavo, Sergio Marchegiani
Cd Decca 481 1028
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Anche sui contenuti di questo nuovo disco tutto italiano non vi è ovviamente nulla da ridire: si tratta di una breve compilation messa a punto a partire da uno dei comparti più importanti della produzione schubertiana, un classico per definizione all’interno della enorme letteratura per pianoforte a quattro mani. Schiavo e Marchegiani, a fianco del capolavoro assoluto (La Fantasia in fa minore) scelgono qui due elementi in forma di variazione (su un tema originale D.968A e su una melodia francese D.624), due in forma di danza (la Danza tedesca D.618 e i Laendler D.814) e infine l'Allegro e Andante in do minore D.968. La Fantasia stenta a mio parere a decollare, come se gli interpreti fossero come soggiogati di fronte a un'eloquenza così disarmante, ma le cose vanno meglio nel seguito. Mi ripeterò, ma mancano a mio parere anche in questo caso i presupposti per un progetto culturalmente e editorialmente valido : la scelta sul mercato di incisioni di queste musiche è assai ampia e non trovo motivi sufficienti di eccellenza per raccomandare proprio questo prodotto né al neofita né allo specialista.
Bartók Opere complete per due pianoforti
Pianoforti Matteo Fossi, Marco Gaggini
2 cd Brilliant Classics 94737
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Bene hanno fatto Fossi e Gaggini in questo doppio cd bartokiano a non limitare il loro lavoro alla sola Sonata per due pianoforti e percussioni - capolavoro del resto irrinunciabile, qui eseguito con i solisti Federico Poli e Gianni Giangrasso - ma a spingersi ad affrontare la meno nota versione pianistica del Mandarino miracoloso (o meraviglioso) e a completare le scelte con i pezzi per due pianoforti tratti dal Mikrokosmos e con la Suite op.4b trascritta dall'originale per orchestra. Non solo, per correttezza di ottimizzazione degli spazi i due pianisti hanno anche aggiunto al corposo menù i Tre pezzi per due pianoforti di Ligeti, scelta in questo caso più che azzeccata. Si tratta di pagine non frequentemente incise o eseguite in pubblico che furono trascritte da Bartók per ampliare il proprio repertorio per duo pianistico in vista dell’attività concertistica intrapresa con la moglie Ditta Pásztory a partire dal 1938. La Suite op.4b, scritta nel 1904-1905, fu pubblicata nel 1941. Quella tratta dal Mandarino (in una versione per pianoforte a 4 mani) esce da un percorso più tortuoso che viene efficacemente illustrato nelle note di accompagnamento dei due cd a firma di Marco Gaggini. I due pianisti eseguono in questo caso la trascrizione sui due pianoforti per maggiore comodità. Esecuzioni limpide, stilisticamente centrate e con la giusta dose di entusiasmo e partecipazione personale, ossia quanto di meglio ci si possa attendere da una pubblicazione di notevole interesse editoriale.
Chopin Concerti op.11 e 21
Pianoforte Nikolai Luganski
Orchestra Sinfonia Varsovia
Direttore Alexander Vedernikov
Cd naive AM212
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La sicurezza, il mestiere, la musicalità innata di un pianista come Luganski sono elementi sufficienti a far sì che questa ennesima incisione dei due concerti chopiniani possa essere completamente esente da qualsiasi tipo di appunto, e francamente non comprendiamo come mai certi commentatori inglesi abbiano qui trovato motivi di leggero biasimo a causa di non ben precisati elementi di manierismo. Come si fa a evitare il manierismo, del resto, andando a rileggere dei testi che sono stati esplorati in lungo e in largo attraverso quasi duecento anni di esecuzioni, molte delle quali fissate per sempre sul disco ? Caratteristica di queste letture di Luganski è semmai la scansione piuttosto lenta di molte frasi, senza che per questo il pianista possa essere tacciato di autocompiacimento o di "uso improprio" delle celestiali melodie che si ascoltano in ambedue i concerti. La chiarezza dell'articolazione e la bellezza del suono nei passaggi di agilità è del resto da manuale e Vedernikov accompagna a meraviglia il pianista, in completa sintonia di idee. Per una volta tanto sorvoliamo sull'unico vero appunto che potrebbe essere mosso in questo caso (la solita questione del sovraffollamento dei titoli in questione nei cataloghi discografici) e assegniamo qui volentieri la fatidica "quinta stella".
Verroust Solos de concert per oboe e pianoforte
Oboe Enrico Calcagni
Pianoforte Alberto Magagni
Cd Dynamic CDS 7696
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Con il termine di”Solo de concert” si incontrano spesso nell’editoria ottocentesca degli estratti che isolano i passaggi più caratteristici di un concerto per strumento solista e orchestra. Il termine era però anche legato a composizioni originali che miravano a sottolineare il carattere predominante della parte solista in un pezzo di brevi dimensioni con accompagnamento orchestrale, cosa che avviene negli esempi di Verroust, dedicati al duo oboe e pianoforte. Stanislas Verroust (1814 – 1863) fu uno degli oboisti più famosi del suo tempo e ha lasciato una notevole mole di composizioni, quasi tutte per il duo protagonista di questo cd della Dynamic. I 12 Solos – qui ne ascoltiamo una scelta di sei – seguono una struttura multipartita pur nelle brevi dimensioni e sono improntati a un gusto melodico che risente molto delle suggestioni provenienti dal mondo dell’opera italiana. A questi pezzi il duo aggiunge una delle Fantasie che Verroust scrisse espressamente su temi d’opera, quella dedicata a un titolo (“Le Planteur” del francese Hyppolite Monpou) scomparso dal repertorio teatrale. Bravissimo Enrico Calcagni nel ricreare gli effetti di un virtuosismo d’altri tempi. L’accompagnamento di Alberto Magagni ci sembra fin troppo discreto.
The Classic Voice n.184
The complete Erato recordings
Pianoforte Maria João Pires
17 cd Erato 0825646310654
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Oggi etichetta appartenente al gruppo Warner, la Erato ebbe tra le altre cose il merito di credere fermamente nel nome di una giovane pianista portoghese che aveva appena vinto un concorso a Bruxelles, dedicato al bicentenario della nascita di Beethoven (1970). Maria João Pires si presentava allora in un contesto nel quale dominavano giovani o meno giovani artisti come Brendel, Ashkenazy, Pollini, la Argerich, portatori di un discorso musicale che puntava anche su un controllatissimo furore espressivo, su paradigmi interpretativi che coglievano il meglio della tradizione ma ne prosciugavano certe manifestazioni troppo legate all’individualità del singolo pianista. La Pires si poneva invece come elemento continuatore di uno stile vagamente neoclassico che aveva avuto i propri maggiori sostenitori in figure come Lipatti e Clara Haskil, e lo stesso repertorio da lei coltivato si andava assestando sui nomi dei grandi classici (Mozart e Schubert, soprattutto) con una più limitata attenzione verso Beethoven e poi Chopin. Il carattere della Pires non era stato forgiato all’inizio da insegnanti particolarmente carismatici, e in un certo senso si può dire che il suo talento si fosse sviluppato nonostante i tentativi messi in atto per fare di lei una pianista virtuosisticamente agguerrita. Gli incontri con Wilhelm Kempff e soprattutto con Karl Engel furono sicuramente d’aiuto per confermare nella Pires l’autostima, la fiducia nei confronti di un approccio stilistico piuttosto lontano dalle tendenze dell’epoca. Fu Michel Garcin, allora direttore artistico della Erato a scommettere sul nome della giovane Maria João e a organizzare una serie di incisioni che oggi vengono raccolte in un prezioso cofanetto. Vale la pena di scorrere un indice che certamente aiuterà il potenziale acquirente di queste registrazioni avvenute tra il 1972 e il 1984. Di Bach troviamo i Concerti BWV 1052, 1055, 1056, con l’Orchestra Gulbenkian diretta da Michel Corboz (1974), grande estimatore della pianista e co-supporter nel periodo iniziale. Mozart la fa da padrone con i Concerti K.271, 453, 467, 488, 415, 449, 537 e i due Rondò K.382 e K.386 diretti da Theodor Guschlbauer e la stessa orchestra tra il 1972 e il 1974. Di Beethoven ritroviamo le Sonate opp.13, 57, 27 n.2, 31 n.2, 109 e 110 (1975) e ancora di Mozart I Concerti K.246 e 595 (con Scimone e I solisti veneti, 1975) e K.459, 414, 466, 595 con Armin Jordan e l’Orchestre de Chambre di Losanna (1976-1977). Di Chopin i Preludi (1975), Krakowiak e i due Concerti (con Jordan, 1977) e più tardi i Valzer (1984). A Mozart è dedicato un disco con le Sonate e Fantasie K.284, 475, 457 (1984). A Schubert le Sonate D.960, 894, 4 Improvvisi (1985-1987) e una scelta di pezzi a 4 mani (con l’eccellente pianista turco Hüseyin Sermet). Al 1984 risalgono infine tre ragguardevoli incisioni schumanniane con le Kinderszenen, le Waldszenen e i Bünte Blaetter. Dopo l’incisione dell’integrale delle sonate mozartiane con la Denon, il nome della Pires conoscerà una definitiva consacrazione anche grazie alle risorse comunicative di un grande marchio come quello della DG, che la prenderà sotto la propria ala protettiva nel 1992. La rilettura, l’ulteriore approfondimento di testi come le sonate e alcuni concerti di Mozart, il Concerto di Schumann (con Abbado, con il quale strinse un sodalizio profondo e prestigioso fin dal 1987) e molte incursioni significative nel campo della musica da camera (con Dumay, ad esempio) sembrano oggi – la pianista ha 70 anni – restringere sempre di più gli orizzonti interpretativi della Pires, che tra l’altro non sembra certo essere ossessionata dal presenzialismo di molti più giovani colleghi. Non si può peraltro parlare, a proposito di queste incisioni Erato, di una fase preparatoria, tantomeno acerba della maturazione di un grande talento. I caratteri predominanti dell’arte della pianista portoghese sono qui già molto bene delineati e sufficienti a descrivere in maniera esaustiva il profilo di una delle più interessanti figure degli ultimi quarant’anni.
Mozart Sonate K.284 e K.533, Rondò K. 485 e 511, Fantasia K.397
Pianoforte Francesco Piemontesi
Cd naïve V 5367
* * * *
Avevo ascoltato Piemontesi dal vivo lo scorso anno in un recital che comprendeva la bella e difficile “Sonata Dürnitz” di Mozart, letta con grande inventiva ed entusiasmo ma anche con un chiaro senso delle proporzioni (cosa tutt’altro che facile nel contesto della produzione giovanile del salisburghese). La ritroviamo tale e quale in questo cd registrato presumibilmente nel 2013 (non vi sono dati precisi a questo proposito nel booklet e nella copertina del cd, né dettagli sullo strumento qui utilizzato) assieme alla Fantasia K.397, anch’essa presente nel programma del concerto. Ascoltato dopo la Sonata K.284, l’allegrissimo Rondò nella stessa tonalità ne sembra quasi un proseguimento, anche perché Piemontesi tende inconsciamente a retrodatare un poco il pezzo aggiungendovi piccoli abbellimenti per rendere meno ripetitiva l’apparizione del refrain. A un primo ascolto delle pagine più meditative come il Rondò in la minore e la Sonata K.533 (con il sublime rondò finale catalogato come K.494) si sarebbe portati a pensare che l’innata simpatia per il Mozart galante porti Piemontesi a sottovalutare il lato più problematico e “preromantico” del tardo linguaggio del musicista. Il trentenne pianista svizzero non si lascia trasportare dal pathos e - probabilmente a ragione - si mantiene qui su un livello di prudente rispetto.
Schumann Kinderszenen op.15, Abegg Variationen op.1, Fantasia op.17
Pianoforte Lise de la Salle
Cd naïve V 5364
* *
Ventisei anni, una carriera considerevole iniziata già in giovanissima età, Lisa de la Salle appare di frequente nelle sale da concerto di tutto il mondo dedicandosi prevalentemente al repertorio romantico e affrontando pezzi molto difficili come la sonata dantesca di Liszt. Non abbiamo trovato in questo disco schumanniano particolari motivi di apprezzamento: Lisa appartiene a quella categoria di pianisti corretti ma poco espressivi, che non si perdono nella cura approfondita del dettaglio, né cercano percorsi interpretativi che si discostino da quelli già intrapresi da altri. Nelle Kinderszenen si nota una certa freschezza di idee ma anche una certa trascuratezza (nel n.4, ad esempio, si percepiscono troppo le note di accompagnamento alla melodia, il n.9 procede in maniera garibaldina senza la ricerca di un qualsivoglia spunto interpretativo). Le Abegg “suonano bene” se affrontate da qualsiasi pianista con una certa facilità digitale, ma i grandi interpreti sanno trovare anche in questa pagina piuttosto leggera validi motivi di ispirazione, qui assenti. La Fantasia, piatto forte del programma, nulla comunica dello struggimento dello Schumann follemente innamorato e ci sembra tecnicamente appena sufficiente, pur essendo il prodotto di una esecuzione in studio.
Granados Goyescas
De Falla Danze
Albeniz Tango, Navarra
Pianoforte Joaquin Achucarro
Cd Sony Classical 88430 44032
* * *
La Sony (o forse la sua propaggine iberica, visto che il libretto del cd è solamente in spagnolo) ripubblica una incisione di Achucarro risalente al 1979-80 e dedicata principalmente alle Goyescas, lavoro di squisita fattura e zeppo di difficoltà pianistiche. Alla soglia degli 80 anni, con una attività didattica ancora in corso, Achucarro è stato un interprete che non ha mai ricercato nella musica del proprio paese un motivo di specializzazione come ad esempio fu il caso della Larrocha. Musicista raffinato ed estremamente espressivo, ha preferito cimentarsi con un repertorio vasto che considerava i grandi romantici fino ad arrivare a Debussy e Ravel, ma non ha mai raggiunto un grande livello di popolarità, anche a causa di un carattere schivo e poco incline al compromesso. La sua lettura di Goyescas - l’ascoltammo in concerto a Milano trent’anni fa - è molto elegante ma forse troppo intimistica, carente di quell’aspetto virtuosistico che si coglie nelle esecuzioni della Larrocha, di Ciccolini o di Magaloff. Un aspetto qui non trascurabile è oltretutto quello relativo alla scarsa qualità sonora della registrazione, secca e mancante di bassi. E’ sufficiente passare alle tracce seguenti del cd (Albeniz e De Falla) e … si cambia musica, grazie a una presa di suono eccellente effettuata a quei tempi negli studi romani della RCA sotto la supervisione del famoso producer Benito Vassura.
Pianoforte Maria João Pires
17 cd Erato 0825646310654
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Oggi etichetta appartenente al gruppo Warner, la Erato ebbe tra le altre cose il merito di credere fermamente nel nome di una giovane pianista portoghese che aveva appena vinto un concorso a Bruxelles, dedicato al bicentenario della nascita di Beethoven (1970). Maria João Pires si presentava allora in un contesto nel quale dominavano giovani o meno giovani artisti come Brendel, Ashkenazy, Pollini, la Argerich, portatori di un discorso musicale che puntava anche su un controllatissimo furore espressivo, su paradigmi interpretativi che coglievano il meglio della tradizione ma ne prosciugavano certe manifestazioni troppo legate all’individualità del singolo pianista. La Pires si poneva invece come elemento continuatore di uno stile vagamente neoclassico che aveva avuto i propri maggiori sostenitori in figure come Lipatti e Clara Haskil, e lo stesso repertorio da lei coltivato si andava assestando sui nomi dei grandi classici (Mozart e Schubert, soprattutto) con una più limitata attenzione verso Beethoven e poi Chopin. Il carattere della Pires non era stato forgiato all’inizio da insegnanti particolarmente carismatici, e in un certo senso si può dire che il suo talento si fosse sviluppato nonostante i tentativi messi in atto per fare di lei una pianista virtuosisticamente agguerrita. Gli incontri con Wilhelm Kempff e soprattutto con Karl Engel furono sicuramente d’aiuto per confermare nella Pires l’autostima, la fiducia nei confronti di un approccio stilistico piuttosto lontano dalle tendenze dell’epoca. Fu Michel Garcin, allora direttore artistico della Erato a scommettere sul nome della giovane Maria João e a organizzare una serie di incisioni che oggi vengono raccolte in un prezioso cofanetto. Vale la pena di scorrere un indice che certamente aiuterà il potenziale acquirente di queste registrazioni avvenute tra il 1972 e il 1984. Di Bach troviamo i Concerti BWV 1052, 1055, 1056, con l’Orchestra Gulbenkian diretta da Michel Corboz (1974), grande estimatore della pianista e co-supporter nel periodo iniziale. Mozart la fa da padrone con i Concerti K.271, 453, 467, 488, 415, 449, 537 e i due Rondò K.382 e K.386 diretti da Theodor Guschlbauer e la stessa orchestra tra il 1972 e il 1974. Di Beethoven ritroviamo le Sonate opp.13, 57, 27 n.2, 31 n.2, 109 e 110 (1975) e ancora di Mozart I Concerti K.246 e 595 (con Scimone e I solisti veneti, 1975) e K.459, 414, 466, 595 con Armin Jordan e l’Orchestre de Chambre di Losanna (1976-1977). Di Chopin i Preludi (1975), Krakowiak e i due Concerti (con Jordan, 1977) e più tardi i Valzer (1984). A Mozart è dedicato un disco con le Sonate e Fantasie K.284, 475, 457 (1984). A Schubert le Sonate D.960, 894, 4 Improvvisi (1985-1987) e una scelta di pezzi a 4 mani (con l’eccellente pianista turco Hüseyin Sermet). Al 1984 risalgono infine tre ragguardevoli incisioni schumanniane con le Kinderszenen, le Waldszenen e i Bünte Blaetter. Dopo l’incisione dell’integrale delle sonate mozartiane con la Denon, il nome della Pires conoscerà una definitiva consacrazione anche grazie alle risorse comunicative di un grande marchio come quello della DG, che la prenderà sotto la propria ala protettiva nel 1992. La rilettura, l’ulteriore approfondimento di testi come le sonate e alcuni concerti di Mozart, il Concerto di Schumann (con Abbado, con il quale strinse un sodalizio profondo e prestigioso fin dal 1987) e molte incursioni significative nel campo della musica da camera (con Dumay, ad esempio) sembrano oggi – la pianista ha 70 anni – restringere sempre di più gli orizzonti interpretativi della Pires, che tra l’altro non sembra certo essere ossessionata dal presenzialismo di molti più giovani colleghi. Non si può peraltro parlare, a proposito di queste incisioni Erato, di una fase preparatoria, tantomeno acerba della maturazione di un grande talento. I caratteri predominanti dell’arte della pianista portoghese sono qui già molto bene delineati e sufficienti a descrivere in maniera esaustiva il profilo di una delle più interessanti figure degli ultimi quarant’anni.
Mozart Sonate K.284 e K.533, Rondò K. 485 e 511, Fantasia K.397
Pianoforte Francesco Piemontesi
Cd naïve V 5367
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Avevo ascoltato Piemontesi dal vivo lo scorso anno in un recital che comprendeva la bella e difficile “Sonata Dürnitz” di Mozart, letta con grande inventiva ed entusiasmo ma anche con un chiaro senso delle proporzioni (cosa tutt’altro che facile nel contesto della produzione giovanile del salisburghese). La ritroviamo tale e quale in questo cd registrato presumibilmente nel 2013 (non vi sono dati precisi a questo proposito nel booklet e nella copertina del cd, né dettagli sullo strumento qui utilizzato) assieme alla Fantasia K.397, anch’essa presente nel programma del concerto. Ascoltato dopo la Sonata K.284, l’allegrissimo Rondò nella stessa tonalità ne sembra quasi un proseguimento, anche perché Piemontesi tende inconsciamente a retrodatare un poco il pezzo aggiungendovi piccoli abbellimenti per rendere meno ripetitiva l’apparizione del refrain. A un primo ascolto delle pagine più meditative come il Rondò in la minore e la Sonata K.533 (con il sublime rondò finale catalogato come K.494) si sarebbe portati a pensare che l’innata simpatia per il Mozart galante porti Piemontesi a sottovalutare il lato più problematico e “preromantico” del tardo linguaggio del musicista. Il trentenne pianista svizzero non si lascia trasportare dal pathos e - probabilmente a ragione - si mantiene qui su un livello di prudente rispetto.
Schumann Kinderszenen op.15, Abegg Variationen op.1, Fantasia op.17
Pianoforte Lise de la Salle
Cd naïve V 5364
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Ventisei anni, una carriera considerevole iniziata già in giovanissima età, Lisa de la Salle appare di frequente nelle sale da concerto di tutto il mondo dedicandosi prevalentemente al repertorio romantico e affrontando pezzi molto difficili come la sonata dantesca di Liszt. Non abbiamo trovato in questo disco schumanniano particolari motivi di apprezzamento: Lisa appartiene a quella categoria di pianisti corretti ma poco espressivi, che non si perdono nella cura approfondita del dettaglio, né cercano percorsi interpretativi che si discostino da quelli già intrapresi da altri. Nelle Kinderszenen si nota una certa freschezza di idee ma anche una certa trascuratezza (nel n.4, ad esempio, si percepiscono troppo le note di accompagnamento alla melodia, il n.9 procede in maniera garibaldina senza la ricerca di un qualsivoglia spunto interpretativo). Le Abegg “suonano bene” se affrontate da qualsiasi pianista con una certa facilità digitale, ma i grandi interpreti sanno trovare anche in questa pagina piuttosto leggera validi motivi di ispirazione, qui assenti. La Fantasia, piatto forte del programma, nulla comunica dello struggimento dello Schumann follemente innamorato e ci sembra tecnicamente appena sufficiente, pur essendo il prodotto di una esecuzione in studio.
Granados Goyescas
De Falla Danze
Albeniz Tango, Navarra
Pianoforte Joaquin Achucarro
Cd Sony Classical 88430 44032
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La Sony (o forse la sua propaggine iberica, visto che il libretto del cd è solamente in spagnolo) ripubblica una incisione di Achucarro risalente al 1979-80 e dedicata principalmente alle Goyescas, lavoro di squisita fattura e zeppo di difficoltà pianistiche. Alla soglia degli 80 anni, con una attività didattica ancora in corso, Achucarro è stato un interprete che non ha mai ricercato nella musica del proprio paese un motivo di specializzazione come ad esempio fu il caso della Larrocha. Musicista raffinato ed estremamente espressivo, ha preferito cimentarsi con un repertorio vasto che considerava i grandi romantici fino ad arrivare a Debussy e Ravel, ma non ha mai raggiunto un grande livello di popolarità, anche a causa di un carattere schivo e poco incline al compromesso. La sua lettura di Goyescas - l’ascoltammo in concerto a Milano trent’anni fa - è molto elegante ma forse troppo intimistica, carente di quell’aspetto virtuosistico che si coglie nelle esecuzioni della Larrocha, di Ciccolini o di Magaloff. Un aspetto qui non trascurabile è oltretutto quello relativo alla scarsa qualità sonora della registrazione, secca e mancante di bassi. E’ sufficiente passare alle tracce seguenti del cd (Albeniz e De Falla) e … si cambia musica, grazie a una presa di suono eccellente effettuata a quei tempi negli studi romani della RCA sotto la supervisione del famoso producer Benito Vassura.
The Classic Voice n.182-3
Alkan Prières op.64, Préludes op.66, Benedictus
op.54
Pianoforti Vincenzo Maltempo, Emanuele Delucchi
Cd Toccata Classics TOCC 0237
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I contenuti di questo terzo atteso disco alkaniano di Vincenzo Maltempo si intrecciano con il fenomeno del revival del piano à clavier de pedale, lo strumento di cui ci siamo occupati poco tempo fa a proposito delle interessanti incisioni di Roberto Prosseda dedicate alle musiche scritte da Gounod. Anche il nostro Alkan ebbe a disposizione a partire dagli anni ’50 un Erard siffatto per potersi esercitare innanzitutto nello studio delle grandi composizioni organistiche di Bach. L’influenza dello strano e ingombrante piano a pedaliera si fece però sentire ben presto anche sull’Alkan compositore, anzi contribuì a popolare in maniera sostanziosa l’ultima parte della sua produzione. Come si può immaginare, si tratta di lavori non solo di un musicista a lungo trascurato ma destinati a una ulteriore esclusione dal repertorio proprio per la scarsa diffusione del mezzo (ovvero la limitata produzione di quel tipo di strumenti da parte di Erard e poi di Pleyel). Né fino ad oggi aveva contribuito a modificare la situazione il lavoro di trascrizione effettuato da José Vianna da Motta (1868 – 1948), importante pianista e compositore portoghese che fu allievo di Liszt e amico e collaboratore di Busoni. Da Motta operò tra il 1901 e il 1907 su tre composizioni di Alkan (due per piano a pedali e una per organo) trascrivendole per pianoforte solo (8 delle 13 Prières op.64, originariamente per organo), per due pianoforti (il Benedictus) e per pianoforte a quattro mani (9 degli 11 Préludes op.66). L’elaborazione di Da Motta raggiunge nel nostro caso la stessa funzione di ampliamento della spazialità sonora che si coglie nell’analogo lavoro compiuto da Debussy sugli Studi in forma di Canone di Schumann, anch’essi concepiti per il pianoforte a pedaliera, e rende particolarmente piacevole l’ascolto di queste pagine così inconsuete. Maltempo e Delucchi hanno quindi operato su queste trascrizioni, aprendo la strada a ulteriori approfondimenti che potrebbero essere effettuati a partire dagli spartiti originali, che per le opp.54 e 66 prescrivono, in alternativa al piano a pedali, l’uso dell’organo, o ancora del “pianoforte a 3 mani” (ovviamente per due esecutori). All’interesse davvero straordinario per queste pagine esoteriche di un Alkan che combina la propria grande matrice virtuosistica con un filone mistico paragonabile a quello dell’ultimo Liszt si aggiunge quello per la affascinante ricerca sonora da parte dei due pianisti, entrambi di sicura e collaudatissima fede alkaniana. Con Maltempo e Delucchi si colma oggi un vuoto discografico e allo stesso tempo ci si incammina verso il compimento di una rivalutazione globale di un grande musicista a lungo e a torto dimenticato.
Cesare Pollini Antologia del centenario
Orchestra del Conservatorio “C.Pollini”
Orchestra di Padova e del Veneto
Direttori Giuliano Medeossi, Pietro Billi
Pianoforti Aldo Orvieto, Maura Mazzonetto, Giovanni Tirindelli
Cd Velut Luna CVLD 247
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I Pollini italiani nel campo della musica classica sono almeno tre, e accanto al Maurizio pianista e a Francesco (1763 – 1846) compositore e abilissimo pianista egli stesso è doveroso considerare anche Cesare (1858 – 1912) al quale è intitolato il Conservatorio di Padova. Figura non di primissimo piano in un ambiente che contava protagonisti del calibro di Martucci, Sgambati e Bazzini, Cesare Pollini si meritò comunque gli elogi di Richard Strauss (al quale è dedicata la Suite op.3 per violino, violoncello e pianoforte) e la considerazione di molti artisti contemporanei affascinati anche dalla sua tenace opera divulgativa nei confronti della musica strumentale di area germanica. I contenuti di questo cd singolo comprendono diverse pagine pianistiche (con una Sonata in fa minore che sovrasta per importanza e freschezza d’ispirazione gli altri pezzi brevi) due lavori per orchestra (uno Scherzo e un Notturno) e la Suite già citata, opera giovanile certo di piacevole ascolto ma che prende realmente il volo solamente nel Presto finale . Si tratta di pagine scritte con gusto e sensibilità e che apparentemente hanno come unica tara quella di essere state scritte un poco in ritardo rispetto al corso della Storia. In realtà se si confrontano alcune date ci si accorge ad esempio che le due pagine orchestrali più che rammentare Martucci ne precedono di una decina d’anni certi esiti (artisticamente più validi) e che la stessa Sonata in fa minore, iniziata nel 1874, non può essere un semplice esperimento condotto sulla falsariga della Sonata op.34 dello stesso Martucci, che è dell’anno seguente. Le esecuzioni sono qui affidate a un pool di artisti di valore che gravitano in parte nell’area veneta. La registrazione è stata effettuata a Padova nell’ottobre del 2013, manco a dirsi nell’Auditorium Pollini.
Beethoven Concerto n.5 op.73 Schumann Fantasia op.17
Pianoforte Yundi
Orchestra Berliner Philarmoniker
Direttore Daniel Harding
Cd DG 4810710
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Un “Imperatore” brillante, fresco, condotto con evidente comunità d’intenti tra solista e direttore e “accompagnato” da un’orchestra favolosa contraddistingue la prima parte di questo nuovo cd del pianista cinese oggi trentaduenne e vincitore nel 2000 del primo premio al Concorso Chopin di Varsavia. Yundi, ingaggiato a inizio carriera dalla DG, si era trasferito nelle scuderie EMI nel 2011 per l’incisione di un disco chopiniano recensito sul n.143 della nostra rivista. Il ritorno alla casa d’origine - per ragioni a noi ignote – si compie anche nel nome di Schumann e della grande Fantasia in do maggiore, dove i limiti interpretativi del pianista escono più allo scoperto. Come al solito nel suo caso, un’ottima tecnica fa da supporto a una esecuzione inappuntabile (ma la realizzazione della parte finale del secondo movimento non è certo eccezionale) quanto genericamente manierista, condotta sugli esempi di tante interpretazioni famose del capolavoro schumanniano. Sarà una mia impressione personale, ma il fraseggiare di Yundi ha un che di artefatto, di insincero : il fenomeno non è facilmente misurabile in termini oggettivi ma è chiaramente percepibile da ogni ascoltatore dotato di una certa sensibilità e conoscenza del testo.
Chopin Sonata op.58,Valzer opp.64 n.2 e 70 n.1 , Improvvisi opp.51 e 66, Scherzo op.20
Pianoforte Manila Santini
Cd KNS Classical A/026
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Allieva tra gli altri di Roberto Cappello e Piernarciso Masi, Manuela Santini si cimenta in questo disco con un repertorio molto noto che evoca confronti non facili da sostenere. Peccato per la registrazione a mio parere non molto felice (effettuata in Portogallo lo scorso anno) perché la Santini ha talento da vendere e riesce a scovare più di un dettaglio sul quale un interprete intelligente può lavorare con ottimi risultati “alternativi”. E mi sembra che la pianista conosca anche molto bene la tradizione : il finale della Sonata ricorda moltissimo l’impostazione davvero maestosa di una famosa, indimenticabile incisione di Rubinstein, un riferimento a mio parere insorpassato. E notiamo ancora la gioiosa verve che contraddistingue la lettura del Valzer in sol bem., il piglio drammatico di quello in mi minore op.postuma, il soffermarsi sugli aspetti più cantabili nell’Improvviso op.51, la salda impostazione del difficilissimo primo Scherzo. Una pianista che ascolteremmo molto volentieri in concerto.
Bloch, Janacek, Shostakovic Sonate per violino e pianoforte
Violino Midori
Pianoforte Ozgür Aydin
Cd Onyx 4084
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Le emittenti radiofoniche tedesche (in questo caso la WDR di Colonia, ma il discorso vale per SWR2, DRK e altri canali particolarmente dediti alla diffusione della musica classica) spesso sovvenzionano progetti di registrazione e pubblicazione di repertorio raro o affidato a interpreti di valore che debuttano sul mercato. A dire il vero queste due condizioni non sono esattamente soddisfatte dal cd in questione : Midori è una violinista molto famosa e almeno due delle sonate in programma godono di ottima salute discografica e concertistica. La seconda sonata di Bloch (1924), intitolata ‘Poéme mystique’, è meno eseguita rispetto alla prima ma ambedue contano almeno un riferimento interpretativo di valore eccezionale verificabile in una incisione storica di Heifetz. Midori non si può considerare oggi una solista che abbia proseguito la propria carriera in maniera proporzionale ai successi degli anni ’80 ma si conferma comunque una musicista di solida preparazione e serietà di intenti. L’impaginato del disco getta uno sguardo su una produzione che va dal 1914 (i primi schizzi della sonata di Janacek) al 1968 (quella di Shostakovic) e i due interpreti sembrano volersi soffermare sulle novità linguistiche ed espressive delle pagine da loro affrontate con lodevole spirito analitico. Di ottima qualità è l’intervento del pianista turco Ozgür Aydin, oggi abituale accompagnatore di Midori. Consiglierei tuttavia l’acquisto del cd soprattutto per la parte relativa alla Sonata di Bloch.
Spohr Duo concertant opp.95,96,112, Duettinen op.127
Violino Francesco Parrino
Pianoforte Michele Fedrigotti
2 Cd stradivarius STR 33933
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Si accoglie con grande piacere l’uscita di un disco tutto italiano dedicato a un compositore famosissimo in Germania quanto molto trascurato nei programmi concertistici del nostro paese. Parrino e Fedrigotti rivivono con partecipazione e grande bravura strumentale alcune pagine dedicate da Spohr al duo violino-pianoforte nella forma di “Duo concertant”, scritte tra il 1836 e il 1843. Di queste la più nota è la seconda, tramandata con il titolo di “Reisesonate” per il fatto di essere stata pensata in base alle suggestioni tratte da un viaggio compiuto dal musicista in compagnia della moglie e di alcuni amici a Dresda e dintorni, con faticose escursioni che non risparmiarono l’ascesa al Winterberg. Il linguaggio di Spohr è del tutto in sintonia con quello di grandi musicisti contemporanei come Mendelssohn e offre più di un motivo interesse per la felice vena melodica e la sempre fantasiosa ispirazione. Il descrittivismo della Reisesonate non è così evidente negli altri lavori, pensati secondo canoni più classici, ma anche nelle opp.95 e 112 si coglie la volontà di far musica mescolando le misure di una espressività più contenuta con il desiderio di comunicare suggestioni extra-musicali in linea con un atteggiamento proprio del romanticismo tedesco. Un discorso a parte meriterebbe lo strano rapporto che intercorse tra Spohr e il mezzo pianistico: speriamo di avere una occasione di approfondimento su questo tema specifico in vista di qualche pubblicazione della Sonata e di altri pezzi minori.
Pianoforti Vincenzo Maltempo, Emanuele Delucchi
Cd Toccata Classics TOCC 0237
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I contenuti di questo terzo atteso disco alkaniano di Vincenzo Maltempo si intrecciano con il fenomeno del revival del piano à clavier de pedale, lo strumento di cui ci siamo occupati poco tempo fa a proposito delle interessanti incisioni di Roberto Prosseda dedicate alle musiche scritte da Gounod. Anche il nostro Alkan ebbe a disposizione a partire dagli anni ’50 un Erard siffatto per potersi esercitare innanzitutto nello studio delle grandi composizioni organistiche di Bach. L’influenza dello strano e ingombrante piano a pedaliera si fece però sentire ben presto anche sull’Alkan compositore, anzi contribuì a popolare in maniera sostanziosa l’ultima parte della sua produzione. Come si può immaginare, si tratta di lavori non solo di un musicista a lungo trascurato ma destinati a una ulteriore esclusione dal repertorio proprio per la scarsa diffusione del mezzo (ovvero la limitata produzione di quel tipo di strumenti da parte di Erard e poi di Pleyel). Né fino ad oggi aveva contribuito a modificare la situazione il lavoro di trascrizione effettuato da José Vianna da Motta (1868 – 1948), importante pianista e compositore portoghese che fu allievo di Liszt e amico e collaboratore di Busoni. Da Motta operò tra il 1901 e il 1907 su tre composizioni di Alkan (due per piano a pedali e una per organo) trascrivendole per pianoforte solo (8 delle 13 Prières op.64, originariamente per organo), per due pianoforti (il Benedictus) e per pianoforte a quattro mani (9 degli 11 Préludes op.66). L’elaborazione di Da Motta raggiunge nel nostro caso la stessa funzione di ampliamento della spazialità sonora che si coglie nell’analogo lavoro compiuto da Debussy sugli Studi in forma di Canone di Schumann, anch’essi concepiti per il pianoforte a pedaliera, e rende particolarmente piacevole l’ascolto di queste pagine così inconsuete. Maltempo e Delucchi hanno quindi operato su queste trascrizioni, aprendo la strada a ulteriori approfondimenti che potrebbero essere effettuati a partire dagli spartiti originali, che per le opp.54 e 66 prescrivono, in alternativa al piano a pedali, l’uso dell’organo, o ancora del “pianoforte a 3 mani” (ovviamente per due esecutori). All’interesse davvero straordinario per queste pagine esoteriche di un Alkan che combina la propria grande matrice virtuosistica con un filone mistico paragonabile a quello dell’ultimo Liszt si aggiunge quello per la affascinante ricerca sonora da parte dei due pianisti, entrambi di sicura e collaudatissima fede alkaniana. Con Maltempo e Delucchi si colma oggi un vuoto discografico e allo stesso tempo ci si incammina verso il compimento di una rivalutazione globale di un grande musicista a lungo e a torto dimenticato.
Cesare Pollini Antologia del centenario
Orchestra del Conservatorio “C.Pollini”
Orchestra di Padova e del Veneto
Direttori Giuliano Medeossi, Pietro Billi
Pianoforti Aldo Orvieto, Maura Mazzonetto, Giovanni Tirindelli
Cd Velut Luna CVLD 247
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I Pollini italiani nel campo della musica classica sono almeno tre, e accanto al Maurizio pianista e a Francesco (1763 – 1846) compositore e abilissimo pianista egli stesso è doveroso considerare anche Cesare (1858 – 1912) al quale è intitolato il Conservatorio di Padova. Figura non di primissimo piano in un ambiente che contava protagonisti del calibro di Martucci, Sgambati e Bazzini, Cesare Pollini si meritò comunque gli elogi di Richard Strauss (al quale è dedicata la Suite op.3 per violino, violoncello e pianoforte) e la considerazione di molti artisti contemporanei affascinati anche dalla sua tenace opera divulgativa nei confronti della musica strumentale di area germanica. I contenuti di questo cd singolo comprendono diverse pagine pianistiche (con una Sonata in fa minore che sovrasta per importanza e freschezza d’ispirazione gli altri pezzi brevi) due lavori per orchestra (uno Scherzo e un Notturno) e la Suite già citata, opera giovanile certo di piacevole ascolto ma che prende realmente il volo solamente nel Presto finale . Si tratta di pagine scritte con gusto e sensibilità e che apparentemente hanno come unica tara quella di essere state scritte un poco in ritardo rispetto al corso della Storia. In realtà se si confrontano alcune date ci si accorge ad esempio che le due pagine orchestrali più che rammentare Martucci ne precedono di una decina d’anni certi esiti (artisticamente più validi) e che la stessa Sonata in fa minore, iniziata nel 1874, non può essere un semplice esperimento condotto sulla falsariga della Sonata op.34 dello stesso Martucci, che è dell’anno seguente. Le esecuzioni sono qui affidate a un pool di artisti di valore che gravitano in parte nell’area veneta. La registrazione è stata effettuata a Padova nell’ottobre del 2013, manco a dirsi nell’Auditorium Pollini.
Beethoven Concerto n.5 op.73 Schumann Fantasia op.17
Pianoforte Yundi
Orchestra Berliner Philarmoniker
Direttore Daniel Harding
Cd DG 4810710
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Un “Imperatore” brillante, fresco, condotto con evidente comunità d’intenti tra solista e direttore e “accompagnato” da un’orchestra favolosa contraddistingue la prima parte di questo nuovo cd del pianista cinese oggi trentaduenne e vincitore nel 2000 del primo premio al Concorso Chopin di Varsavia. Yundi, ingaggiato a inizio carriera dalla DG, si era trasferito nelle scuderie EMI nel 2011 per l’incisione di un disco chopiniano recensito sul n.143 della nostra rivista. Il ritorno alla casa d’origine - per ragioni a noi ignote – si compie anche nel nome di Schumann e della grande Fantasia in do maggiore, dove i limiti interpretativi del pianista escono più allo scoperto. Come al solito nel suo caso, un’ottima tecnica fa da supporto a una esecuzione inappuntabile (ma la realizzazione della parte finale del secondo movimento non è certo eccezionale) quanto genericamente manierista, condotta sugli esempi di tante interpretazioni famose del capolavoro schumanniano. Sarà una mia impressione personale, ma il fraseggiare di Yundi ha un che di artefatto, di insincero : il fenomeno non è facilmente misurabile in termini oggettivi ma è chiaramente percepibile da ogni ascoltatore dotato di una certa sensibilità e conoscenza del testo.
Chopin Sonata op.58,Valzer opp.64 n.2 e 70 n.1 , Improvvisi opp.51 e 66, Scherzo op.20
Pianoforte Manila Santini
Cd KNS Classical A/026
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Allieva tra gli altri di Roberto Cappello e Piernarciso Masi, Manuela Santini si cimenta in questo disco con un repertorio molto noto che evoca confronti non facili da sostenere. Peccato per la registrazione a mio parere non molto felice (effettuata in Portogallo lo scorso anno) perché la Santini ha talento da vendere e riesce a scovare più di un dettaglio sul quale un interprete intelligente può lavorare con ottimi risultati “alternativi”. E mi sembra che la pianista conosca anche molto bene la tradizione : il finale della Sonata ricorda moltissimo l’impostazione davvero maestosa di una famosa, indimenticabile incisione di Rubinstein, un riferimento a mio parere insorpassato. E notiamo ancora la gioiosa verve che contraddistingue la lettura del Valzer in sol bem., il piglio drammatico di quello in mi minore op.postuma, il soffermarsi sugli aspetti più cantabili nell’Improvviso op.51, la salda impostazione del difficilissimo primo Scherzo. Una pianista che ascolteremmo molto volentieri in concerto.
Bloch, Janacek, Shostakovic Sonate per violino e pianoforte
Violino Midori
Pianoforte Ozgür Aydin
Cd Onyx 4084
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Le emittenti radiofoniche tedesche (in questo caso la WDR di Colonia, ma il discorso vale per SWR2, DRK e altri canali particolarmente dediti alla diffusione della musica classica) spesso sovvenzionano progetti di registrazione e pubblicazione di repertorio raro o affidato a interpreti di valore che debuttano sul mercato. A dire il vero queste due condizioni non sono esattamente soddisfatte dal cd in questione : Midori è una violinista molto famosa e almeno due delle sonate in programma godono di ottima salute discografica e concertistica. La seconda sonata di Bloch (1924), intitolata ‘Poéme mystique’, è meno eseguita rispetto alla prima ma ambedue contano almeno un riferimento interpretativo di valore eccezionale verificabile in una incisione storica di Heifetz. Midori non si può considerare oggi una solista che abbia proseguito la propria carriera in maniera proporzionale ai successi degli anni ’80 ma si conferma comunque una musicista di solida preparazione e serietà di intenti. L’impaginato del disco getta uno sguardo su una produzione che va dal 1914 (i primi schizzi della sonata di Janacek) al 1968 (quella di Shostakovic) e i due interpreti sembrano volersi soffermare sulle novità linguistiche ed espressive delle pagine da loro affrontate con lodevole spirito analitico. Di ottima qualità è l’intervento del pianista turco Ozgür Aydin, oggi abituale accompagnatore di Midori. Consiglierei tuttavia l’acquisto del cd soprattutto per la parte relativa alla Sonata di Bloch.
Spohr Duo concertant opp.95,96,112, Duettinen op.127
Violino Francesco Parrino
Pianoforte Michele Fedrigotti
2 Cd stradivarius STR 33933
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Si accoglie con grande piacere l’uscita di un disco tutto italiano dedicato a un compositore famosissimo in Germania quanto molto trascurato nei programmi concertistici del nostro paese. Parrino e Fedrigotti rivivono con partecipazione e grande bravura strumentale alcune pagine dedicate da Spohr al duo violino-pianoforte nella forma di “Duo concertant”, scritte tra il 1836 e il 1843. Di queste la più nota è la seconda, tramandata con il titolo di “Reisesonate” per il fatto di essere stata pensata in base alle suggestioni tratte da un viaggio compiuto dal musicista in compagnia della moglie e di alcuni amici a Dresda e dintorni, con faticose escursioni che non risparmiarono l’ascesa al Winterberg. Il linguaggio di Spohr è del tutto in sintonia con quello di grandi musicisti contemporanei come Mendelssohn e offre più di un motivo interesse per la felice vena melodica e la sempre fantasiosa ispirazione. Il descrittivismo della Reisesonate non è così evidente negli altri lavori, pensati secondo canoni più classici, ma anche nelle opp.95 e 112 si coglie la volontà di far musica mescolando le misure di una espressività più contenuta con il desiderio di comunicare suggestioni extra-musicali in linea con un atteggiamento proprio del romanticismo tedesco. Un discorso a parte meriterebbe lo strano rapporto che intercorse tra Spohr e il mezzo pianistico: speriamo di avere una occasione di approfondimento su questo tema specifico in vista di qualche pubblicazione della Sonata e di altri pezzi minori.
The Classic Voice n.181
The Hilary
Hahn Encores
Violino Hilary Hahn
Pianoforte Cory Smythe
2 CD DG 4791725
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Il valore editoriale di questi dischi basati sui “bis” è sempre stato piuttosto limitato: è vero che si tratta di una consuetudine che si trascina fina dai tempi di Rubinstein e Heifetz, è vero che l’individuazione del “bis” pone a volte in serie difficoltà chi si sente subissato di domande da parte dei vicini di posto al termine dei recital (e il compito è particolarmente gravoso proprio nel campo dell’ensemble violino/pianoforte, anche perché molti lavori di Sarasate, Kreisler, Wieniawski e compagnia si confondono l’uno con l’altro) ma oggi si preferisce di solito dedicare incisioni più o meno complete all’interno della produzione dei singoli autori, che al di là del momento di fine concerto sono stati esplorati anche in maniera autonoma e approfondita. Questo discorso non è a dire il vero in sintonia con i contenuti del disco inciso dalla Hahn e da Cory Smythe, che nel loro elenco si riferiscono a ben 27 pezzi, 26 dei quali sono stati composti da musicisti interpellati personalmente dalla Hahn, rendendo così praticamente impossibile l’individuazione dei titoli anche da parte dello spettatore rotto a tutte le esperienze. Qui si spazia da Lera Auerbach a Rautavaara, solo per citare i nomi più noti, attraverso pagine scritte tra il 1933 e il 1981 che hanno in comune solamente una durata che non supera i 5 minuti. Inutile sottolineare la bravura e il virtuosismo della Hahn, che anche in questo caso si conferma essere una delle più valide soliste dei nostri giorni.
Beethoven Serenata per flauto e pianoforte op.41, Sonata per flauto e pianoforte WoO A4
Schubert Variazioni su un tema da Die schoene Müllerin D.802
Flauto Juliette Hurel
Pianoforte Hélène Couvert
Cd naïve V5342
* * *
Contrariamente al caso di Mozart, Beethoven non disdegnava l’utilizzo del flauto, che tra le altre cose impiegò nei deliziosi Temi variati, un tempo cavalli di battaglia di Severino Gazzelloni. Va però osservato che nonostante una certa idiosincrasia personale Mozart riuscì egualmente a donare ai posteri anche in questo caso dei piccoli capolavori. Non così si può dire nel caso di Beethoven, che raramente innalza la musica d’occasione al rango delle sue opere maggiori. La Serenata op.44 altro non è che la trascrizione effettuata da Franz Xaver Kleinheinz a partire dalla precedente op.25 scritta per un organico che comprendeva flauto, violino e viola (l’adattamento fu poi avallato dallo stesso Beethoven). La non più che graziosa Sonata risale invece al 1790 e fa parte dei numerosissimi lavori che non rientrano nel catalogo ufficiale del compositore. Molto più note sono invece le Variazioni su “Trockne Blumen”, Lied schubertiano il cui mesto carattere dominato dalla tonalità di mi minore viene qui trasfigurato fino a giungere a un finale ottimistico e brillante. Juliette Hurel e Hélène Couvert formano un duo bene affiatato ma a parer nostro non vanno al di là di una lettura corretta e stilisticamente ineccepibile.
Beethoven Sonate opp.109,110,111
Pianoforte Maria Perrotta
Cd Decca 4810575
* * * *
Registrate nell’aula magna dell’Università Bocconi di Milano durante un concerto pubblico del 26 febbraio dello scorso anno, queste tre ultime sonate di Beethoven rappresentano per Maria Perrotta un biglietto da visita molto impegnativo e allo stesso tempo un traguardo di valore indiscutibile. Al giorno d’oggi a un interprete che si pone di fronte ai classici vengono richieste molteplici doti : la proposta di una lettura ricca di elementi nuovi e interessanti, una conoscenza approfondita della tradizione, un sincero coinvolgimento personale e una apprezzabile capacità di comunicazione verso il pubblico, per tacere di tutte quelle qualità esecutive più legate alla natura dello strumento.
La sommatoria di tutti questi elementi è occorrenza ovviamente assai rara. In queste letture beethoveniane Maria Perrotta mostra di possedere una buona parte di questi requisiti : un suono ricco, pieno, morbido e mai esageratamente percussivo, un fraseggio per quanto possibile libero, una innata tendenza alla cantabilità. L’accentuazione del risvolto cantabile tende inevitabilmente a spostare un poco in avanti la datazione delle tre sonate, nel contesto di un Romanticismo oramai affermato. D’altro canto l’elemento contrappuntistico presente soprattutto nelle variazioni della 109 e nell’ultima parte della 110 è reso con grande precisione, frutto di una frequentazione approfondita del Barocco (la Perrotta ha in precedenza inciso con successo le Variazioni Goldberg) e tende quindi a retrodatare il discorso. Questi elementi non si miscelano completamente e danno luogo a una curiosa fluttuazione temporale che può assumere un fascino del tutto particolare. La realizzazione della 111 è un poco meno convincente, con la tendenza ad allargare troppo le dimensioni dell'Arietta perdendo il controllo del percorso narrativo, ma si tratta di un dettaglio che può anche dipendere dalla serata o da altre cause imponderabili. Un veemente bis skriabiniano (lo Studio op.8 n.2) chiude in bellezza il disco.
Mozart Sonate K.310,333,570 Preludio e fuga K.394
Pianoforte Gianluca Cascioli
Cd DG 4810866
* * * *
Precedute nel libretto di accompagnamento da note analitiche sulle proprie scelte esecutive, fondate su argomentazioni serie e ben documentate, queste nuove registrazioni mozartiane di Cascioli hanno indubbiamente un valore editoriale non trascurabile e propongono un Mozart del tutto differente da quello che siamo abituati ad ascoltare, nonostante il pianista citi Michelangeli e Serkin come modelli particolarmente amati (ma i due famosi pianisti hanno frequentato poco o punto le Sonate di Mozart, semmai i Concerti). Da un fraseggio a nostro parere eccessivamente "studiato", con fluttuazioni di metronomo che spesso non convincono e con frequentissime accentuazioni che a lungo andare diventano persino fastidiose, scaturisce una esecuzione che perde fatalmente in naturalezza. Non sarebbe giusto, d'altro canto, ridurre queste letture alla sola messa in pratica di criteri pensati a tavolino. L'ascoltatore che conosce bene questo tipo di repertorio sarà certamente incuriosito - e a volte deliziato - da certe realizzazioni di Cascioli. Personalmente ho trovato di notevole effetto l'esecuzione della sezione in maggiore nel finale della K.310, pensata come se fosse una reminiscenza di danza bachiana, e la Fuga del dittico K.394, lavoro affascinante del Mozart in piena infezione contrappuntistica e pagina amatissima da grandi pianisti come Serkin e Ciani.
Brahms Variazioni op.9, Rapsodie op.79, Fantasien op.116, Klavierstücke op.119
Pianoforte Matteo Fossi
Cd Hortus 108
* * * *
Il titolo del nuovo cd di Matteo Fossi rammenta la famosa definizione di Schoenberg (“Brahms il progressivo”) che ha sancito definitivamente nella storia il valore profetico di un compositore considerato nel tardo ‘800 più per il lato melodicamente affascinante del proprio linguaggio che per la sua sotterranea rivoluzione nel campo della forma. Fossi non distingue caratteri particolarmente differenti nel Brahms colto attraverso tre stagioni creative, sottolineando già dalla bellissime Variazioni op.9 sia il lato elegiaco che ritroviamo negli ultimi Klavierstücke che soprattutto la grande varietà di atteggiamenti che fa di ognuna delle sedici variazioni un capitolo a se stante. Nelle Rapsodie, forse il luogo del pianismo brahmsiano più frequentato dalla tradizione didattica almeno fino a una cinquantina di anni fa, e nei pezzi delle opp.116 e 119 Fossi ci sembra particolarmente affascinato dalle lezioni di grandi interpreti del passato oramai remoto, come Rubinstein, Kempff, Backhaus o Gieseking, più che dalle interpretazioni più problematiche di un Richter o di un Sokolov. In queste incisioni di notevolissimo valore questa affinità si coglie non solo nella concezione generale di un fraseggio che sottolinea una cantabilità sempre struggente ma anche nell’affondo pianistico, nella ricerca di un suono sempre pieno e “caldo”. Non vi è certo pericolo, in questo caso, di apparire poco originali o scarsamente al passo con i tempi : i grandissimi nomi sopra citati sapevano benissimo quanto “progressivo” fosse stato Brahms senza per questo rinnegarne la matrice romantica.
Violino Hilary Hahn
Pianoforte Cory Smythe
2 CD DG 4791725
* * *
Il valore editoriale di questi dischi basati sui “bis” è sempre stato piuttosto limitato: è vero che si tratta di una consuetudine che si trascina fina dai tempi di Rubinstein e Heifetz, è vero che l’individuazione del “bis” pone a volte in serie difficoltà chi si sente subissato di domande da parte dei vicini di posto al termine dei recital (e il compito è particolarmente gravoso proprio nel campo dell’ensemble violino/pianoforte, anche perché molti lavori di Sarasate, Kreisler, Wieniawski e compagnia si confondono l’uno con l’altro) ma oggi si preferisce di solito dedicare incisioni più o meno complete all’interno della produzione dei singoli autori, che al di là del momento di fine concerto sono stati esplorati anche in maniera autonoma e approfondita. Questo discorso non è a dire il vero in sintonia con i contenuti del disco inciso dalla Hahn e da Cory Smythe, che nel loro elenco si riferiscono a ben 27 pezzi, 26 dei quali sono stati composti da musicisti interpellati personalmente dalla Hahn, rendendo così praticamente impossibile l’individuazione dei titoli anche da parte dello spettatore rotto a tutte le esperienze. Qui si spazia da Lera Auerbach a Rautavaara, solo per citare i nomi più noti, attraverso pagine scritte tra il 1933 e il 1981 che hanno in comune solamente una durata che non supera i 5 minuti. Inutile sottolineare la bravura e il virtuosismo della Hahn, che anche in questo caso si conferma essere una delle più valide soliste dei nostri giorni.
Beethoven Serenata per flauto e pianoforte op.41, Sonata per flauto e pianoforte WoO A4
Schubert Variazioni su un tema da Die schoene Müllerin D.802
Flauto Juliette Hurel
Pianoforte Hélène Couvert
Cd naïve V5342
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Contrariamente al caso di Mozart, Beethoven non disdegnava l’utilizzo del flauto, che tra le altre cose impiegò nei deliziosi Temi variati, un tempo cavalli di battaglia di Severino Gazzelloni. Va però osservato che nonostante una certa idiosincrasia personale Mozart riuscì egualmente a donare ai posteri anche in questo caso dei piccoli capolavori. Non così si può dire nel caso di Beethoven, che raramente innalza la musica d’occasione al rango delle sue opere maggiori. La Serenata op.44 altro non è che la trascrizione effettuata da Franz Xaver Kleinheinz a partire dalla precedente op.25 scritta per un organico che comprendeva flauto, violino e viola (l’adattamento fu poi avallato dallo stesso Beethoven). La non più che graziosa Sonata risale invece al 1790 e fa parte dei numerosissimi lavori che non rientrano nel catalogo ufficiale del compositore. Molto più note sono invece le Variazioni su “Trockne Blumen”, Lied schubertiano il cui mesto carattere dominato dalla tonalità di mi minore viene qui trasfigurato fino a giungere a un finale ottimistico e brillante. Juliette Hurel e Hélène Couvert formano un duo bene affiatato ma a parer nostro non vanno al di là di una lettura corretta e stilisticamente ineccepibile.
Beethoven Sonate opp.109,110,111
Pianoforte Maria Perrotta
Cd Decca 4810575
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Registrate nell’aula magna dell’Università Bocconi di Milano durante un concerto pubblico del 26 febbraio dello scorso anno, queste tre ultime sonate di Beethoven rappresentano per Maria Perrotta un biglietto da visita molto impegnativo e allo stesso tempo un traguardo di valore indiscutibile. Al giorno d’oggi a un interprete che si pone di fronte ai classici vengono richieste molteplici doti : la proposta di una lettura ricca di elementi nuovi e interessanti, una conoscenza approfondita della tradizione, un sincero coinvolgimento personale e una apprezzabile capacità di comunicazione verso il pubblico, per tacere di tutte quelle qualità esecutive più legate alla natura dello strumento.
La sommatoria di tutti questi elementi è occorrenza ovviamente assai rara. In queste letture beethoveniane Maria Perrotta mostra di possedere una buona parte di questi requisiti : un suono ricco, pieno, morbido e mai esageratamente percussivo, un fraseggio per quanto possibile libero, una innata tendenza alla cantabilità. L’accentuazione del risvolto cantabile tende inevitabilmente a spostare un poco in avanti la datazione delle tre sonate, nel contesto di un Romanticismo oramai affermato. D’altro canto l’elemento contrappuntistico presente soprattutto nelle variazioni della 109 e nell’ultima parte della 110 è reso con grande precisione, frutto di una frequentazione approfondita del Barocco (la Perrotta ha in precedenza inciso con successo le Variazioni Goldberg) e tende quindi a retrodatare il discorso. Questi elementi non si miscelano completamente e danno luogo a una curiosa fluttuazione temporale che può assumere un fascino del tutto particolare. La realizzazione della 111 è un poco meno convincente, con la tendenza ad allargare troppo le dimensioni dell'Arietta perdendo il controllo del percorso narrativo, ma si tratta di un dettaglio che può anche dipendere dalla serata o da altre cause imponderabili. Un veemente bis skriabiniano (lo Studio op.8 n.2) chiude in bellezza il disco.
Mozart Sonate K.310,333,570 Preludio e fuga K.394
Pianoforte Gianluca Cascioli
Cd DG 4810866
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Precedute nel libretto di accompagnamento da note analitiche sulle proprie scelte esecutive, fondate su argomentazioni serie e ben documentate, queste nuove registrazioni mozartiane di Cascioli hanno indubbiamente un valore editoriale non trascurabile e propongono un Mozart del tutto differente da quello che siamo abituati ad ascoltare, nonostante il pianista citi Michelangeli e Serkin come modelli particolarmente amati (ma i due famosi pianisti hanno frequentato poco o punto le Sonate di Mozart, semmai i Concerti). Da un fraseggio a nostro parere eccessivamente "studiato", con fluttuazioni di metronomo che spesso non convincono e con frequentissime accentuazioni che a lungo andare diventano persino fastidiose, scaturisce una esecuzione che perde fatalmente in naturalezza. Non sarebbe giusto, d'altro canto, ridurre queste letture alla sola messa in pratica di criteri pensati a tavolino. L'ascoltatore che conosce bene questo tipo di repertorio sarà certamente incuriosito - e a volte deliziato - da certe realizzazioni di Cascioli. Personalmente ho trovato di notevole effetto l'esecuzione della sezione in maggiore nel finale della K.310, pensata come se fosse una reminiscenza di danza bachiana, e la Fuga del dittico K.394, lavoro affascinante del Mozart in piena infezione contrappuntistica e pagina amatissima da grandi pianisti come Serkin e Ciani.
Brahms Variazioni op.9, Rapsodie op.79, Fantasien op.116, Klavierstücke op.119
Pianoforte Matteo Fossi
Cd Hortus 108
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Il titolo del nuovo cd di Matteo Fossi rammenta la famosa definizione di Schoenberg (“Brahms il progressivo”) che ha sancito definitivamente nella storia il valore profetico di un compositore considerato nel tardo ‘800 più per il lato melodicamente affascinante del proprio linguaggio che per la sua sotterranea rivoluzione nel campo della forma. Fossi non distingue caratteri particolarmente differenti nel Brahms colto attraverso tre stagioni creative, sottolineando già dalla bellissime Variazioni op.9 sia il lato elegiaco che ritroviamo negli ultimi Klavierstücke che soprattutto la grande varietà di atteggiamenti che fa di ognuna delle sedici variazioni un capitolo a se stante. Nelle Rapsodie, forse il luogo del pianismo brahmsiano più frequentato dalla tradizione didattica almeno fino a una cinquantina di anni fa, e nei pezzi delle opp.116 e 119 Fossi ci sembra particolarmente affascinato dalle lezioni di grandi interpreti del passato oramai remoto, come Rubinstein, Kempff, Backhaus o Gieseking, più che dalle interpretazioni più problematiche di un Richter o di un Sokolov. In queste incisioni di notevolissimo valore questa affinità si coglie non solo nella concezione generale di un fraseggio che sottolinea una cantabilità sempre struggente ma anche nell’affondo pianistico, nella ricerca di un suono sempre pieno e “caldo”. Non vi è certo pericolo, in questo caso, di apparire poco originali o scarsamente al passo con i tempi : i grandissimi nomi sopra citati sapevano benissimo quanto “progressivo” fosse stato Brahms senza per questo rinnegarne la matrice romantica.
The Classic Voice n.180
Schubert Wanderer Fantasie,Laendler,Klavierstücke D.946,Allegretto
D.915
Pianoforte Bertrand Chamayou
Cd Erato 08256 463358 3 1
* * * *
33 anni, allievo di Jean-François Heisser al Conservatorio di Parigi e poi perfezionatosi tra gli altri con Maria Curcio, Chamayou non è il tipico pianista da concorso ma pur senza risultare vincitore di traguardi prestigiosi si è conquistato un posto di rilievo tra le giovani generazioni di solisti francesi grazie a una sensibilità fuori dal comune. Ci eravamo già occupati di lui in occasione di una sua bella integrale degli Annèes de pélérinage lisztiani e ora accogliamo con piacere un cd schubertiano dove le scelte di repertorio alternano momenti originali a trascrizioni di Liszt. La composizione più importante inclusa in questa pubblicazione è sicuramente la Wanderer Fantasie, della quale viene sottolineato senz’altro il lato poetico a scapito di quello muscolare-virtuosistico pur presente in questa pagina proverbialmente difficile. Chamayou dimostra come una lettura siffatta funzioni a meraviglia e possa stare a fianco di tante altre molto famose senza sfigurare. Sulla stessa lunghezza d’onda si collocano le interpretazioni di altri momenti ad alta densità come i Klavierstücke D.946 e l’Allegretto in do minore. Nei Lieder trascritti da Liszt l’esibizione di un pizzico di virtuosismo in più non sarebbe stata di troppo. Deliziosa è l'inserzione del piccolo Valzer composto da Schubert per le nozze dell'amico Leopold Kupelwieser con Johanna von Lutz, del quale non esiste autografo né copia manoscritta. La storia narra come il valzer, tramandato per “tradizione orale" in casa Kupelwieser, fosse stato suonato nel 1943 a Richard Strauss da una discendente di Leopold, Maria (1900 - 1990). Strauss vi pose mano e probabilmente lo traspose di tonalità (da sol maggiore a sol bem.maggiore, ma nessuno può dire con certezza se quella fu l'unica alterazione apportata dall'autore del Rosenkavalier) e il Valzer venne edito dalla Universal solamente nel 1970 assieme alla riproduzione dell'autografo straussiano. Un piccolo saggio affascinante che chiude in bellezza quest’ultima fatica di Chamayou.
Beethoven Concerti nn.2,4
Pianoforte Leif Ove Andsnes
Orchestra Mahler Chamber Orchestra
Cd Sony 8888 3705482
* * * * *
Avevamo recensito all’inizio del 2013 il primo volume di una integrale dei concerti di Beethoven in corso di realizzazione da parte di Andsnes, ed ecco che puntualmente compare un nuovo cd con il secondo e il quarto concerto, diretti dallo stesso pianista. Ovviamente i criteri generali di impostazione non cambiano : il coinvolgimento emotivo è presente ma limitato da un approccio che diremmo mozartiano, la chiarezza della tessitura orchestrale è esemplare ed è ottenuta tramite il ricorso a una prassi esecutiva a metà tra il filologico e il tradizionale, il gioco pianistico si mantiene su un livello di “virtuosismo nascosto” che viene colto solo dai professionisti dello strumento. Le felici oasi meditative si moltiplicano soprattutto nei tempi lenti (magnifico l’Adagio dell’op.19) e tutto sembra ottenuto con una invidiabile economia di mezzi. Né si colgono da parte di Andsnes particolari difficoltà nella gestione del duplice ruolo di solista e direttore (a questo proposito molti commentatori attendono al varco il pianista in quella che sarà la futura incisione del quinto concerto, da questo punto di vista ben più problematico). Insomma il Beethoven journey (questo il sottotitolo della pubblicazione) di Andsnes si rivela essere in realtà un percorso complessivo di approfondimento artistico che ci conferma quanto il pianista norvegese sia candidato ad occupare un posto sempre più alto tra gli artisti della propria generazione.
Beethoven Concerto n.3 op.37 Sonate op.27 n.2 e 111
Pianoforte Fazil Say
Orchestra Frankfurt Radio SO
Direttore Gianandrea Noseda
CD naïve V5347
* * * *
Avevamo ascoltato il terzo Concerto di Beethoven con Say e Noseda nel marzo del 2013, in diretta radio da Francoforte. La registrazione in oggetto è invece assemblata in studio tra febbraio e marzo dello stesso anno e manca un poco di quel clima irripetibile che si instaura in occasione dei concerti dal vivo. Say è un pianista che va considerato con le dovute cautele, perché il suo fraseggio è imprevedibile e può affascinare come irritare a seconda dei momenti. La scansione del tema principale dopo la lunga introduzione dell’orchestra nel primo movimento, ad esempio, è considerevolmente più lenta del previsto, ma tende poi a uniformarsi in velocità dopo poche battute : era proprio necessario marcare in questo modo la differenza, quasi a sottolineare una disparità di vedute tra solista e direttore ? Sempre nel primo movimento, nonostante le note di accompagnamento al cd a firma Jürgen Otten facciano riferimento alla usuale cadenza di Beethoven, ci si trova inaspettatamente di fronte a una ... cadenza in stile Say dove ci aspetteremmo inserti più "moderni" e invece ascoltiamo reminiscenze in stile classico, con tanto di fugato, tutto sommato abbastanza divertenti. Ci voleva tanto a indicare questa scelta nel libretto del cd ? Say conosce l'arte della persuasione e introduce in maniera seducente le prime misure del Largo, soavemente assecondato da Noseda. Nel Rondò si abbandona a qualche gigionata nell'episodio di transizione all'ultima sezione in maggiore, ma tutto sommato senza fare danni, almeno fino alla chiusura fragorosa con un intervento non scritto del pianoforte nelle ultime battute, a "supporto" dell'orchestra. Anche le due sonate non suono nuove ai seguaci di Say. Nella 111 si colgono atmosfere dal suono indubbiamente fascinoso accanto a non poche variazioni di tactus che possono lasciare l’ascoltatore in uno stato di perplessità. Nel "Chiaro di luna" il primo movimento è scandito piuttosto lentamente (7' 33") e nell’ultimo il pianista tende a un troppo marcato utilizzo del pedale di risonanza.
Sarasate Composizioni per violino e pianoforte opp.20-29
Violino Julia Fischer
Pianoforte Milana Chernyavska
Cd Decca 4785950
* * * *
Solitamente relegate al momento dei bis, le pagine per violino e pianoforte di Sarasate meritano discograficamente un maggiore interesse e il progetto di questo cd è reso ancor più attraente grazie alla presenza di una solista di spicco come la Fischer. Nelle note di presentazione lei stessa si dilunga (excusatio non petita) sulla questione relativa allo sconfinamento in questo tipo di repertorio da parte di un interprete “serio”. Ma tutto sommato, conclude la Fischer, si tratta di un non-problema visto che in passato violinisti del calibro di Menuhin e Heifetz non si preoccupavano certo di migrare da Bach a Sarasate o a Kreisler per timore di veder diminuire le proprie quotazioni di mercato o il consenso della critica. Il problema principale, quando si affronta il repertorio “da salotto”, sta semmai nel possedere un gusto innato (o ai giorni nostri una perfetta conoscenza delle esecuzioni storiche) tale da elevare illusoriamente queste pagine a un livello superiore a quello che in realtà è loro associato. In questo senso le esecuzioni leggendarie dei virtuosi di un tempo hanno dalla loro il fascino di un suono, di un rubato, della conoscenza di mille artifizi che concorrono a proiettare innocui motivetti al rango di piccoli capolavori. La Fischer e la sua brava partner al pianoforte raggiungono un buon compromesso che tiene conto sia della tradizione che di un approccio più filologico, arrivando a produrre un documento di notevole interesse. Manca – questo è vero – l’atmosfera irripetibile del fine-concerto, con la presenza di un pubblico plaudente e surriscaldato al punto giusto. La sequenza di pagine stilisticamente molto simili genera poi inevitabilmente un certo senso di saturazione.
Kreisler Musiche originali e arrangiamenti da Paganini
Ysaÿe Variazioni su tema di Paganini
Violino Laurent Korcia
Pianoforte Haruko Ueda
Orchestra Orchestre de chambre de Paris
Direttore Jean-Jacques Kantorow
Cd naïve V5344
* * * *
Il titolo “vero” del cd, che trovo inutile, è “Mister Paganini”, anzi “mister paganini” in minuscolo. Il contenuto è per fortuna più interessante e non si riferisce per intero a pagine che hanno a che fare con il grande genovese. Si ascolta ad esempio la Malagueña di Albeniz nella trascrizione di Kreisler e, sempre di Kreisler “La gitana” e persino una “Petite valse” per pianoforte solo. A Paganini si giunge con alcune opere importanti. Di originale ci sono i Palpiti op.13, mentre elaborati da Kreisler sono il primo movimento del Concerto n.1 in re maggiore (per violino e orchestra, secondo un gusto che oggi fa un poco rabbrividire, con tanto di cadenza appositamente scritta da Kreisler) e la Campanella, ossia il rondò del Concerto n.2 (per violino e pianoforte). Ancora più stimolante è l’inserimento nel programma di una non breve composizione di Ysaÿe, qui registrata per la prima volta: si tratta di una serie di 15 variazioni per violino e pianoforte sul famoso tema del ventiquattresimo Capriccio, ingegnose ma piuttosto cervellotiche e terribilmente difficili. Le numerose composizioni del celebre violinista belga sono tuttora poco eseguite e incise, ad eccezione delle famose sei sonate per violino solo, anche a causa di un copyright tenacemente difeso per anni (Le Variazioni vennero ad esempio pubblicate solamente nel 1960). Ben venga quindi l’operazione divulgativa da parte di Laurent Korcia, classe 1964, vincitore di un secondo premio al Concorso Paganini di Genova del 1983. Il direttore d’orchestra Jean-Jacques Kantorow è invece un ex famoso violinista che nello stesso concorso aveva riportato il primo premio nel 1964. Uno scherzo del destino ?
Pianoforte Bertrand Chamayou
Cd Erato 08256 463358 3 1
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33 anni, allievo di Jean-François Heisser al Conservatorio di Parigi e poi perfezionatosi tra gli altri con Maria Curcio, Chamayou non è il tipico pianista da concorso ma pur senza risultare vincitore di traguardi prestigiosi si è conquistato un posto di rilievo tra le giovani generazioni di solisti francesi grazie a una sensibilità fuori dal comune. Ci eravamo già occupati di lui in occasione di una sua bella integrale degli Annèes de pélérinage lisztiani e ora accogliamo con piacere un cd schubertiano dove le scelte di repertorio alternano momenti originali a trascrizioni di Liszt. La composizione più importante inclusa in questa pubblicazione è sicuramente la Wanderer Fantasie, della quale viene sottolineato senz’altro il lato poetico a scapito di quello muscolare-virtuosistico pur presente in questa pagina proverbialmente difficile. Chamayou dimostra come una lettura siffatta funzioni a meraviglia e possa stare a fianco di tante altre molto famose senza sfigurare. Sulla stessa lunghezza d’onda si collocano le interpretazioni di altri momenti ad alta densità come i Klavierstücke D.946 e l’Allegretto in do minore. Nei Lieder trascritti da Liszt l’esibizione di un pizzico di virtuosismo in più non sarebbe stata di troppo. Deliziosa è l'inserzione del piccolo Valzer composto da Schubert per le nozze dell'amico Leopold Kupelwieser con Johanna von Lutz, del quale non esiste autografo né copia manoscritta. La storia narra come il valzer, tramandato per “tradizione orale" in casa Kupelwieser, fosse stato suonato nel 1943 a Richard Strauss da una discendente di Leopold, Maria (1900 - 1990). Strauss vi pose mano e probabilmente lo traspose di tonalità (da sol maggiore a sol bem.maggiore, ma nessuno può dire con certezza se quella fu l'unica alterazione apportata dall'autore del Rosenkavalier) e il Valzer venne edito dalla Universal solamente nel 1970 assieme alla riproduzione dell'autografo straussiano. Un piccolo saggio affascinante che chiude in bellezza quest’ultima fatica di Chamayou.
Beethoven Concerti nn.2,4
Pianoforte Leif Ove Andsnes
Orchestra Mahler Chamber Orchestra
Cd Sony 8888 3705482
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Avevamo recensito all’inizio del 2013 il primo volume di una integrale dei concerti di Beethoven in corso di realizzazione da parte di Andsnes, ed ecco che puntualmente compare un nuovo cd con il secondo e il quarto concerto, diretti dallo stesso pianista. Ovviamente i criteri generali di impostazione non cambiano : il coinvolgimento emotivo è presente ma limitato da un approccio che diremmo mozartiano, la chiarezza della tessitura orchestrale è esemplare ed è ottenuta tramite il ricorso a una prassi esecutiva a metà tra il filologico e il tradizionale, il gioco pianistico si mantiene su un livello di “virtuosismo nascosto” che viene colto solo dai professionisti dello strumento. Le felici oasi meditative si moltiplicano soprattutto nei tempi lenti (magnifico l’Adagio dell’op.19) e tutto sembra ottenuto con una invidiabile economia di mezzi. Né si colgono da parte di Andsnes particolari difficoltà nella gestione del duplice ruolo di solista e direttore (a questo proposito molti commentatori attendono al varco il pianista in quella che sarà la futura incisione del quinto concerto, da questo punto di vista ben più problematico). Insomma il Beethoven journey (questo il sottotitolo della pubblicazione) di Andsnes si rivela essere in realtà un percorso complessivo di approfondimento artistico che ci conferma quanto il pianista norvegese sia candidato ad occupare un posto sempre più alto tra gli artisti della propria generazione.
Beethoven Concerto n.3 op.37 Sonate op.27 n.2 e 111
Pianoforte Fazil Say
Orchestra Frankfurt Radio SO
Direttore Gianandrea Noseda
CD naïve V5347
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Avevamo ascoltato il terzo Concerto di Beethoven con Say e Noseda nel marzo del 2013, in diretta radio da Francoforte. La registrazione in oggetto è invece assemblata in studio tra febbraio e marzo dello stesso anno e manca un poco di quel clima irripetibile che si instaura in occasione dei concerti dal vivo. Say è un pianista che va considerato con le dovute cautele, perché il suo fraseggio è imprevedibile e può affascinare come irritare a seconda dei momenti. La scansione del tema principale dopo la lunga introduzione dell’orchestra nel primo movimento, ad esempio, è considerevolmente più lenta del previsto, ma tende poi a uniformarsi in velocità dopo poche battute : era proprio necessario marcare in questo modo la differenza, quasi a sottolineare una disparità di vedute tra solista e direttore ? Sempre nel primo movimento, nonostante le note di accompagnamento al cd a firma Jürgen Otten facciano riferimento alla usuale cadenza di Beethoven, ci si trova inaspettatamente di fronte a una ... cadenza in stile Say dove ci aspetteremmo inserti più "moderni" e invece ascoltiamo reminiscenze in stile classico, con tanto di fugato, tutto sommato abbastanza divertenti. Ci voleva tanto a indicare questa scelta nel libretto del cd ? Say conosce l'arte della persuasione e introduce in maniera seducente le prime misure del Largo, soavemente assecondato da Noseda. Nel Rondò si abbandona a qualche gigionata nell'episodio di transizione all'ultima sezione in maggiore, ma tutto sommato senza fare danni, almeno fino alla chiusura fragorosa con un intervento non scritto del pianoforte nelle ultime battute, a "supporto" dell'orchestra. Anche le due sonate non suono nuove ai seguaci di Say. Nella 111 si colgono atmosfere dal suono indubbiamente fascinoso accanto a non poche variazioni di tactus che possono lasciare l’ascoltatore in uno stato di perplessità. Nel "Chiaro di luna" il primo movimento è scandito piuttosto lentamente (7' 33") e nell’ultimo il pianista tende a un troppo marcato utilizzo del pedale di risonanza.
Sarasate Composizioni per violino e pianoforte opp.20-29
Violino Julia Fischer
Pianoforte Milana Chernyavska
Cd Decca 4785950
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Solitamente relegate al momento dei bis, le pagine per violino e pianoforte di Sarasate meritano discograficamente un maggiore interesse e il progetto di questo cd è reso ancor più attraente grazie alla presenza di una solista di spicco come la Fischer. Nelle note di presentazione lei stessa si dilunga (excusatio non petita) sulla questione relativa allo sconfinamento in questo tipo di repertorio da parte di un interprete “serio”. Ma tutto sommato, conclude la Fischer, si tratta di un non-problema visto che in passato violinisti del calibro di Menuhin e Heifetz non si preoccupavano certo di migrare da Bach a Sarasate o a Kreisler per timore di veder diminuire le proprie quotazioni di mercato o il consenso della critica. Il problema principale, quando si affronta il repertorio “da salotto”, sta semmai nel possedere un gusto innato (o ai giorni nostri una perfetta conoscenza delle esecuzioni storiche) tale da elevare illusoriamente queste pagine a un livello superiore a quello che in realtà è loro associato. In questo senso le esecuzioni leggendarie dei virtuosi di un tempo hanno dalla loro il fascino di un suono, di un rubato, della conoscenza di mille artifizi che concorrono a proiettare innocui motivetti al rango di piccoli capolavori. La Fischer e la sua brava partner al pianoforte raggiungono un buon compromesso che tiene conto sia della tradizione che di un approccio più filologico, arrivando a produrre un documento di notevole interesse. Manca – questo è vero – l’atmosfera irripetibile del fine-concerto, con la presenza di un pubblico plaudente e surriscaldato al punto giusto. La sequenza di pagine stilisticamente molto simili genera poi inevitabilmente un certo senso di saturazione.
Kreisler Musiche originali e arrangiamenti da Paganini
Ysaÿe Variazioni su tema di Paganini
Violino Laurent Korcia
Pianoforte Haruko Ueda
Orchestra Orchestre de chambre de Paris
Direttore Jean-Jacques Kantorow
Cd naïve V5344
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Il titolo “vero” del cd, che trovo inutile, è “Mister Paganini”, anzi “mister paganini” in minuscolo. Il contenuto è per fortuna più interessante e non si riferisce per intero a pagine che hanno a che fare con il grande genovese. Si ascolta ad esempio la Malagueña di Albeniz nella trascrizione di Kreisler e, sempre di Kreisler “La gitana” e persino una “Petite valse” per pianoforte solo. A Paganini si giunge con alcune opere importanti. Di originale ci sono i Palpiti op.13, mentre elaborati da Kreisler sono il primo movimento del Concerto n.1 in re maggiore (per violino e orchestra, secondo un gusto che oggi fa un poco rabbrividire, con tanto di cadenza appositamente scritta da Kreisler) e la Campanella, ossia il rondò del Concerto n.2 (per violino e pianoforte). Ancora più stimolante è l’inserimento nel programma di una non breve composizione di Ysaÿe, qui registrata per la prima volta: si tratta di una serie di 15 variazioni per violino e pianoforte sul famoso tema del ventiquattresimo Capriccio, ingegnose ma piuttosto cervellotiche e terribilmente difficili. Le numerose composizioni del celebre violinista belga sono tuttora poco eseguite e incise, ad eccezione delle famose sei sonate per violino solo, anche a causa di un copyright tenacemente difeso per anni (Le Variazioni vennero ad esempio pubblicate solamente nel 1960). Ben venga quindi l’operazione divulgativa da parte di Laurent Korcia, classe 1964, vincitore di un secondo premio al Concorso Paganini di Genova del 1983. Il direttore d’orchestra Jean-Jacques Kantorow è invece un ex famoso violinista che nello stesso concorso aveva riportato il primo premio nel 1964. Uno scherzo del destino ?
The Classic Voice n.179
Beethoven Sonate per violino e pianoforteViolino Daishin Kashimoto
Pianoforte Kostantin Lifschitz
4CD Warner Classics 2564-63492-9
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Daishin Kashimoto è un violinista cosmopolita, oggi 35enne, che ha studiato in Giappone, alla Juilliard di New York e in Germania, ha collezionato una bella sfilza di primi premi in importanti concorsi internazionali e dal 2009 è diventato anche "Primo Concertmaster" dei Berliner Philarmoniker. Come esecutore mi è noto solamente per alcune belle esecuzioni live di musica da camera a fianco di nomi come Golan, Caussé, Maisky ma penso che in Italia sia del tutto sconosciuto in questa veste. Al contrario di Lifschitz, molto presente da noi e giustamente stimato, soprattutto quando era un ragazzo all'inizio di carriera. I due strumentisti incidono qui una bella integrale delle sonate beethoveniane che si ammira in generale per la chiarezza delle linee, la precisione dell'insieme, l'indiscutibile bravura dei singoli. Fin troppa grazia per un percorso non certo facile, che trova la sua esatta illustrazione nel trapasso dalle giovanili tre sonate dell'op.12 a quelle più impegnative dell'op.30 per approdare infine alla grandissima Kreutzer e alla enigmatica op.96. L'approccio del duo segue una linea interpretativa classica che evita atteggiamenti sopra le righe, sempre in agguato quando si ascoltano ad esempio l'op.30 n.2 o l'op.47 in concerto da parte di interpreti che tendono ad approfondire troppo il coté romantico. Certo, dal punto di vista editoriale lo splendido risultato di Kashimoto e Lifschitz rischia di annegare in una miriade di proposte che hanno da sempre arricchito la storia del disco. Ma se qualcuno deve ancora "cogliere l'attimo" non vedo occasione migliore di questa.
Schubert Sonate D.894,D.960, Momenti musicali D.780,Improvviso in fa min.,Klavierstück D.946 n.2
Pianoforte Luca Ciammarughi
2Cd Classica Viva GTSELC0901,1302
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Tra gli interpreti storici del corpus pianistico schubertiano vi è stata nel secolo scorso una netta differenziazione tra coloro (la maggior parte) che sottolineavano soprattutto il carattere lirico e sognante di un melos di estremo fascino e pochi altri che tendevano a dimostrare la consistenza formale di un discorso che si svolgeva su direttrici molto differenti rispetto a quelle beethoveniane. Nel primo caso l'approccio non era quasi mai virtuosistico ma tendeva a smussare certi non indifferenti problemi meccanici mirando a evidenziare anche in quel caso il fascino melodico e armonico di una scrittura sempre assai originale. Viceversa la "linea analitica, che parte da Schnabel e che ha trovato negli anni '70 e '80 i massimi sostenitori in Brendel e Pollini perseguiva lo scopo finale attingendo al bagaglio tecnico di un pianoforte e di un esecutore moderno, mostrando uno Schubert assai lontano da quello che doveva essere l'approccio alla tastiera del compositore: ciò che interessava era il messaggio scritto e la sua validità universale. Ecco allora che si riproponeva il problema del divario tra quelle che possono essere - presumibilmente - le intenzioni ideali del musicista e quelle che erano le sue effettive capacità di esecutore che quasi sempre illustrava alla propria cerchia di amici i risultati della sua instancabile attività. Lo stesso Schubert di Paolo Bordoni, il pianista che ha maggiormente contribuito alla formazione di Ciammarughi, pur non essendo esente dal sottolineare la componente più melodica e gioiosa dei cicli di Danze da lui incisi e presentati in concerto, era fortemente debitore dell'approccio più razionale di Pollini, soprattutto in quella che era la sua visione della Sonata in la minore D.845.
Ciammarughi ha avuto la fortuna, vivendo in un'epoca in cui si può riascoltare di tutto e seguendo anche una propria indole esplorativa nei confronti della storia dell'interpretazione, di poter meditare approfonditamente sullo stile di un consistente numero di pianisti che si sono dedicati in maniera più o meno estensiva a Schubert, da Kempff, a Lupu, Richter e via dicendo. Dall'ascolto delle due sonate e dei Momenti musicali incisi in questa coppia di cd si coglie molto chiaramente come l'ideale da lui ricercato sia quello di arrivare a restituire il suono e le intenzioni dello Schubert pianista, progetto che è molto difficile da attuare per molti motivi, non ultimo quello relativo alla scelta di uno strumento moderno. Ciammarughi in questi due dischi sceglie tre momenti che non rientrano nel novero delle composizione più brillanti e virtuosistiche di Schubert e nel caso particolare della grande "Sonata-Fantasia" la sua visione ci appare del tutto sostenibile e sorretta da qualità di suono e di respiro che giustificano la scelta di tempi molto moderati. Mi è venuta la curiosità di confrontare il minutaggio del "Molto moderato e cantabile" che per lui dura ben 19 minuti : l'interprete che più si avvicina a Ciammarughi è la Pires (un tempo praticamente uguale), seguita a brevissima distanza da Claudio Arrau; seguono Barenboim, Schiff, Sokolov e Pollini (17'). Ma con Radu Lupu siamo oltre i ventuno minuti ! Il discorso relativo a questa sonata può ripetersi nel caso della D.960, risolta anch'essa essenzialmente in termini di canto e di espansione lirica, non scevra da momenti più meditativi e pessimistici che sono propri di questo "canto del cigno". Nei Momenti musicali avrei personalmente preferito un approccio più drammatico ove il testo mi sembra possa richiederlo (il quinto, in fa minore) e dove gran parte della tradizione interpretativa sembra andare a parare. Da quello che si è detto e dai paragoni citati più sopra mi sembra implicita la patente di eccellenza per queste incisioni, che dovrebbero - ce lo auguriamo vivamente - costituire i primi tasselli di un progetto su più larga scala.
Rachmaninov Sonate n.1 op.28, n.2 op.36
Pianoforte Alexander Romanovsky
Cd Decca 4810794
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Dedicare un cd alle "sole" due sonate di Rachmaninov è impresa ancora oggi temeraria per vari motivi. Non si tratta di una novità editoriale in assoluto - Weissenberg, Ashkenazy, la Biret e più recentemente Luganski avevano aperto la strada a una rivalutazione complessiva di questi lavori - ma non dimentichiamo che solamente l'op.36 gode di una celebrità e di una frequentazione assidua da parte dei solisti grazie all'enorme impatto prodotto dalle interpretazioni personalissime di Horowitz. L'op.28 è stata a lungo snobbata dai concertisti : la pionieristica incisione dell'onnivoro Ciccolini risalente al 1958 è riapparsa solo di recente grazie al lavoro di scavo dell'industria discografica e solamente pianisti come Olli Mustonen e Boris Berezovsky, oltre al già citato Lugansky, amano proporla con una certa assiduità in pubblico. Ci voleva un interprete della levatura di Romanovsky, del quale abbiamo già tessuto recentemente ogni possibile lode, per ripetere l'impresa e per farlo con una determinazione che non lascia spazio ad alcun dubbio. Il giovane e grande virtuoso scava nei meandri di una scrittura sempre assai ardua ma va molto al di là di una pur eccelsa resa dal punto di vista tecnico per approfondire i valori musicali dei due testi. La prima sonata non è di per sé esente da critiche, soprattutto per il lungo finale che aveva posto non pochi problemi allo stesso autore, ed è l'unica tra le due che possa effettivamente giustificare una ipotesi di programma faustiano (ipotesi testimoniata in parte da una lettera di Rachmaninov a Morozov e da una memoria del primo interprete della Sonata, Kostantin Igumnov) del tutto analogo a quello che caratterizza la Sonata di Liszt. Le note di accompagnamento al cd non indicano - cosa direi abbastanza grave - quale delle due versioni della Sonata op.36 venga scelta da Romanovsky. Si tratta della seconda, del 1931, che è molto più compatta di quella del 1913 e che si avvicina a sua volta al terzo rimaneggiamento effettuato da Horowitz (questa "terza edizione" del 1940 è stata pure oggetto di recente incisione da parte dei soliti giovani virtuosi ... dello scimmiottamento). L'estensore del libretto si arrampica su argomentazioni a parer mio fuori tema, suggerendo una strana parentela tra le due o tre versioni dell'opera 36 e la settima sonata di Prokofiev e insistendo anche su presunte atmosfere faustiane della seconda sonata, tanto da giustificare l'impaginazione del cd con il titolo "Russian Faust" e un paio di foto di Romanovsky tale da sembrare uscito fuori da una tela di Friedrich. Era proprio necessario?
Autori vari Russian Gems
Pianoforte Sandro Russo
CD Musical Concepts MC150
* * * *
Il pianista siciliano Sandro Russo – residente a New York da una quindicina d’anni - è alla sua seconda fatica discografica assecondata dalla casa editrice americana "Musical Concepts" e si sposta da un primo terreno scarlattiano a uno dedicato a rarità pianistiche della musica russa. Qui le rarità ci sono davvero e Russo dimostra tra le altre cose di essere un intelligente topo di biblioteca interessato a riportare alla luce spartiti che altrimenti giacerebbero inutilizzati negli scaffali.
Il programma è tutto da descrivere anche perché fa riferimento addirittura ad autori sconosciuti ai più. Julius Isserlis (1888-1968), che tra parentesi è il nonno del famoso violoncellista Steven, scrive una interessante Skazka affiancandosi ai più noti lavori di questo tipo messi a punto da Medtner (il quale ultimo viene qui ricordato attraverso la sua prima Sonata op.5). Nikolai Rakov (1908-1990), fedele al regime e nominato “Artista del popolo” compare nel cd attraverso una “Canzone russa” trascritta magistralmente da Grigori Ginzburg, autore anche della versione da concerto di un Valzer tratto dall’opera Casanova di Ludomir Rozycki (1883-1953). E ancora troviamo Sergej Taneyev con un austero e tecnicamente difficile Preludio e Fuga op.29, e Rachmaninov con la ben nota Suite per due pianoforti op.17 ma … trascritta per pianoforte solo da Vladimir Leyetchkiss appena nel 2009 (Sandro Russo ne estrapola il Waltz e la Romance). Non tutto il contenuto di questo cd rappresenta una novità assoluta dal punto di vista editoriale (l’opera omnia di Isserlis è stata ad esempio incisa per la Hyperion dal pianista Sam Haywood ed esce sul mercato praticamente in contemporanea con questo disco) ma si tratta qui pur sempre di una scelta antologica davvero interessante. Quasi a ricordarci le sue doti di virtuoso ispirato, Russo chiude il programma con una bella esecuzione della famosissima Islamey di Balakirev, risolta con un suono davvero squisito e una straordinaria cura dei particolari.
Caetani Composizioni per pianoforte op.9 (Ballata, 4 Improvvisi, Toccata), Sonata op.3
Pianoforte Alessandra Ammara
CD Brilliant 94909
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Ci siamo occupati in questa rubrica più volte di Alessandra Ammara, fin dal 2008, sottolinenandone le notevoli qualità pianistiche ma anche una non straordinaria capacità nel cogliere elementi innovativi nella lettura di capolavori assoluti di Chopin e Ravel con i quali del resto un giovane interprete può oggi confrontarsi solamente se lanciato con forza nel concertismo attraverso la vittoria assoluta a concorsi di primo piano. Le sue doti non comuni la portano però in questo caso a produrre un cd molto più interessante perché rivolto alla riscoperta di un pianista-compositore praticamente sconosciuto. Roffredo Caetani (1871 – 1961) nacque da nobilissima famiglia italiana (era Duca di Sermoneta), studiò con Giovanni Sgambati e fu tenuto a battesimo nientemeno che da Franz Liszt. La nipote Topazia sposò il celebre direttore Igor Markevitch, e dalla coppia nacque quell’Oleg che oggi continua la carriera paterna avendo conservato il blasonato cognome della famiglia della madre. La figlia di Roffredo, Principessa Lelia Cateani, scomparsa nel 1977, aveva a propria volta creato una fondazione rivolta a ricordare l’operato del pianista e più in generale a continuare un’opera di valorizzazione del territorio un tempo governato dalla famiglia. Grazie all’influenza di Sgambati i superstiti lavori di Roffredo Caetani vennero pubblicati da Schott (il retro-copertina riporta il catalogo di lavori di Wagner e Liszt !) e sono oggi disponibili nei files della Petrucci Digital Library. La Ammara sceglie le pagine pianistiche che ci sono rimaste, ovvero i tre pezzi che compongono l’opera 9 (1899) e la Sonata op.3 di sei anni precedente. Il commento al programma – ovviamente più che mai utile – è a firma nientemeno che di Roberto Prosseda e alle sue note rimando l’ascoltatore che sarà sicuramente incuriosito dai contenuti di questo disco.Si tratta di musiche chiaramente lontane dalle correnti innovative che scuotevano in quegli anni il mondo musicale, ma ciò non toglie che questa musica vada correttamente documentata e la Ammara compie questa operazione con gusto e convinzione. L’esiguo catalogo delle opere di Caetani comprende ancora un Quintetto con pianoforte, chiaro omaggio a Sgambati, che potrebbe essere fatto oggetto di recupero assieme a un Quartetto per archi e ad alcuni Intermezzi sinfonici.
Pianoforte Kostantin Lifschitz
4CD Warner Classics 2564-63492-9
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Daishin Kashimoto è un violinista cosmopolita, oggi 35enne, che ha studiato in Giappone, alla Juilliard di New York e in Germania, ha collezionato una bella sfilza di primi premi in importanti concorsi internazionali e dal 2009 è diventato anche "Primo Concertmaster" dei Berliner Philarmoniker. Come esecutore mi è noto solamente per alcune belle esecuzioni live di musica da camera a fianco di nomi come Golan, Caussé, Maisky ma penso che in Italia sia del tutto sconosciuto in questa veste. Al contrario di Lifschitz, molto presente da noi e giustamente stimato, soprattutto quando era un ragazzo all'inizio di carriera. I due strumentisti incidono qui una bella integrale delle sonate beethoveniane che si ammira in generale per la chiarezza delle linee, la precisione dell'insieme, l'indiscutibile bravura dei singoli. Fin troppa grazia per un percorso non certo facile, che trova la sua esatta illustrazione nel trapasso dalle giovanili tre sonate dell'op.12 a quelle più impegnative dell'op.30 per approdare infine alla grandissima Kreutzer e alla enigmatica op.96. L'approccio del duo segue una linea interpretativa classica che evita atteggiamenti sopra le righe, sempre in agguato quando si ascoltano ad esempio l'op.30 n.2 o l'op.47 in concerto da parte di interpreti che tendono ad approfondire troppo il coté romantico. Certo, dal punto di vista editoriale lo splendido risultato di Kashimoto e Lifschitz rischia di annegare in una miriade di proposte che hanno da sempre arricchito la storia del disco. Ma se qualcuno deve ancora "cogliere l'attimo" non vedo occasione migliore di questa.
Schubert Sonate D.894,D.960, Momenti musicali D.780,Improvviso in fa min.,Klavierstück D.946 n.2
Pianoforte Luca Ciammarughi
2Cd Classica Viva GTSELC0901,1302
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Tra gli interpreti storici del corpus pianistico schubertiano vi è stata nel secolo scorso una netta differenziazione tra coloro (la maggior parte) che sottolineavano soprattutto il carattere lirico e sognante di un melos di estremo fascino e pochi altri che tendevano a dimostrare la consistenza formale di un discorso che si svolgeva su direttrici molto differenti rispetto a quelle beethoveniane. Nel primo caso l'approccio non era quasi mai virtuosistico ma tendeva a smussare certi non indifferenti problemi meccanici mirando a evidenziare anche in quel caso il fascino melodico e armonico di una scrittura sempre assai originale. Viceversa la "linea analitica, che parte da Schnabel e che ha trovato negli anni '70 e '80 i massimi sostenitori in Brendel e Pollini perseguiva lo scopo finale attingendo al bagaglio tecnico di un pianoforte e di un esecutore moderno, mostrando uno Schubert assai lontano da quello che doveva essere l'approccio alla tastiera del compositore: ciò che interessava era il messaggio scritto e la sua validità universale. Ecco allora che si riproponeva il problema del divario tra quelle che possono essere - presumibilmente - le intenzioni ideali del musicista e quelle che erano le sue effettive capacità di esecutore che quasi sempre illustrava alla propria cerchia di amici i risultati della sua instancabile attività. Lo stesso Schubert di Paolo Bordoni, il pianista che ha maggiormente contribuito alla formazione di Ciammarughi, pur non essendo esente dal sottolineare la componente più melodica e gioiosa dei cicli di Danze da lui incisi e presentati in concerto, era fortemente debitore dell'approccio più razionale di Pollini, soprattutto in quella che era la sua visione della Sonata in la minore D.845.
Ciammarughi ha avuto la fortuna, vivendo in un'epoca in cui si può riascoltare di tutto e seguendo anche una propria indole esplorativa nei confronti della storia dell'interpretazione, di poter meditare approfonditamente sullo stile di un consistente numero di pianisti che si sono dedicati in maniera più o meno estensiva a Schubert, da Kempff, a Lupu, Richter e via dicendo. Dall'ascolto delle due sonate e dei Momenti musicali incisi in questa coppia di cd si coglie molto chiaramente come l'ideale da lui ricercato sia quello di arrivare a restituire il suono e le intenzioni dello Schubert pianista, progetto che è molto difficile da attuare per molti motivi, non ultimo quello relativo alla scelta di uno strumento moderno. Ciammarughi in questi due dischi sceglie tre momenti che non rientrano nel novero delle composizione più brillanti e virtuosistiche di Schubert e nel caso particolare della grande "Sonata-Fantasia" la sua visione ci appare del tutto sostenibile e sorretta da qualità di suono e di respiro che giustificano la scelta di tempi molto moderati. Mi è venuta la curiosità di confrontare il minutaggio del "Molto moderato e cantabile" che per lui dura ben 19 minuti : l'interprete che più si avvicina a Ciammarughi è la Pires (un tempo praticamente uguale), seguita a brevissima distanza da Claudio Arrau; seguono Barenboim, Schiff, Sokolov e Pollini (17'). Ma con Radu Lupu siamo oltre i ventuno minuti ! Il discorso relativo a questa sonata può ripetersi nel caso della D.960, risolta anch'essa essenzialmente in termini di canto e di espansione lirica, non scevra da momenti più meditativi e pessimistici che sono propri di questo "canto del cigno". Nei Momenti musicali avrei personalmente preferito un approccio più drammatico ove il testo mi sembra possa richiederlo (il quinto, in fa minore) e dove gran parte della tradizione interpretativa sembra andare a parare. Da quello che si è detto e dai paragoni citati più sopra mi sembra implicita la patente di eccellenza per queste incisioni, che dovrebbero - ce lo auguriamo vivamente - costituire i primi tasselli di un progetto su più larga scala.
Rachmaninov Sonate n.1 op.28, n.2 op.36
Pianoforte Alexander Romanovsky
Cd Decca 4810794
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Dedicare un cd alle "sole" due sonate di Rachmaninov è impresa ancora oggi temeraria per vari motivi. Non si tratta di una novità editoriale in assoluto - Weissenberg, Ashkenazy, la Biret e più recentemente Luganski avevano aperto la strada a una rivalutazione complessiva di questi lavori - ma non dimentichiamo che solamente l'op.36 gode di una celebrità e di una frequentazione assidua da parte dei solisti grazie all'enorme impatto prodotto dalle interpretazioni personalissime di Horowitz. L'op.28 è stata a lungo snobbata dai concertisti : la pionieristica incisione dell'onnivoro Ciccolini risalente al 1958 è riapparsa solo di recente grazie al lavoro di scavo dell'industria discografica e solamente pianisti come Olli Mustonen e Boris Berezovsky, oltre al già citato Lugansky, amano proporla con una certa assiduità in pubblico. Ci voleva un interprete della levatura di Romanovsky, del quale abbiamo già tessuto recentemente ogni possibile lode, per ripetere l'impresa e per farlo con una determinazione che non lascia spazio ad alcun dubbio. Il giovane e grande virtuoso scava nei meandri di una scrittura sempre assai ardua ma va molto al di là di una pur eccelsa resa dal punto di vista tecnico per approfondire i valori musicali dei due testi. La prima sonata non è di per sé esente da critiche, soprattutto per il lungo finale che aveva posto non pochi problemi allo stesso autore, ed è l'unica tra le due che possa effettivamente giustificare una ipotesi di programma faustiano (ipotesi testimoniata in parte da una lettera di Rachmaninov a Morozov e da una memoria del primo interprete della Sonata, Kostantin Igumnov) del tutto analogo a quello che caratterizza la Sonata di Liszt. Le note di accompagnamento al cd non indicano - cosa direi abbastanza grave - quale delle due versioni della Sonata op.36 venga scelta da Romanovsky. Si tratta della seconda, del 1931, che è molto più compatta di quella del 1913 e che si avvicina a sua volta al terzo rimaneggiamento effettuato da Horowitz (questa "terza edizione" del 1940 è stata pure oggetto di recente incisione da parte dei soliti giovani virtuosi ... dello scimmiottamento). L'estensore del libretto si arrampica su argomentazioni a parer mio fuori tema, suggerendo una strana parentela tra le due o tre versioni dell'opera 36 e la settima sonata di Prokofiev e insistendo anche su presunte atmosfere faustiane della seconda sonata, tanto da giustificare l'impaginazione del cd con il titolo "Russian Faust" e un paio di foto di Romanovsky tale da sembrare uscito fuori da una tela di Friedrich. Era proprio necessario?
Autori vari Russian Gems
Pianoforte Sandro Russo
CD Musical Concepts MC150
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Il pianista siciliano Sandro Russo – residente a New York da una quindicina d’anni - è alla sua seconda fatica discografica assecondata dalla casa editrice americana "Musical Concepts" e si sposta da un primo terreno scarlattiano a uno dedicato a rarità pianistiche della musica russa. Qui le rarità ci sono davvero e Russo dimostra tra le altre cose di essere un intelligente topo di biblioteca interessato a riportare alla luce spartiti che altrimenti giacerebbero inutilizzati negli scaffali.
Il programma è tutto da descrivere anche perché fa riferimento addirittura ad autori sconosciuti ai più. Julius Isserlis (1888-1968), che tra parentesi è il nonno del famoso violoncellista Steven, scrive una interessante Skazka affiancandosi ai più noti lavori di questo tipo messi a punto da Medtner (il quale ultimo viene qui ricordato attraverso la sua prima Sonata op.5). Nikolai Rakov (1908-1990), fedele al regime e nominato “Artista del popolo” compare nel cd attraverso una “Canzone russa” trascritta magistralmente da Grigori Ginzburg, autore anche della versione da concerto di un Valzer tratto dall’opera Casanova di Ludomir Rozycki (1883-1953). E ancora troviamo Sergej Taneyev con un austero e tecnicamente difficile Preludio e Fuga op.29, e Rachmaninov con la ben nota Suite per due pianoforti op.17 ma … trascritta per pianoforte solo da Vladimir Leyetchkiss appena nel 2009 (Sandro Russo ne estrapola il Waltz e la Romance). Non tutto il contenuto di questo cd rappresenta una novità assoluta dal punto di vista editoriale (l’opera omnia di Isserlis è stata ad esempio incisa per la Hyperion dal pianista Sam Haywood ed esce sul mercato praticamente in contemporanea con questo disco) ma si tratta qui pur sempre di una scelta antologica davvero interessante. Quasi a ricordarci le sue doti di virtuoso ispirato, Russo chiude il programma con una bella esecuzione della famosissima Islamey di Balakirev, risolta con un suono davvero squisito e una straordinaria cura dei particolari.
Caetani Composizioni per pianoforte op.9 (Ballata, 4 Improvvisi, Toccata), Sonata op.3
Pianoforte Alessandra Ammara
CD Brilliant 94909
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Ci siamo occupati in questa rubrica più volte di Alessandra Ammara, fin dal 2008, sottolinenandone le notevoli qualità pianistiche ma anche una non straordinaria capacità nel cogliere elementi innovativi nella lettura di capolavori assoluti di Chopin e Ravel con i quali del resto un giovane interprete può oggi confrontarsi solamente se lanciato con forza nel concertismo attraverso la vittoria assoluta a concorsi di primo piano. Le sue doti non comuni la portano però in questo caso a produrre un cd molto più interessante perché rivolto alla riscoperta di un pianista-compositore praticamente sconosciuto. Roffredo Caetani (1871 – 1961) nacque da nobilissima famiglia italiana (era Duca di Sermoneta), studiò con Giovanni Sgambati e fu tenuto a battesimo nientemeno che da Franz Liszt. La nipote Topazia sposò il celebre direttore Igor Markevitch, e dalla coppia nacque quell’Oleg che oggi continua la carriera paterna avendo conservato il blasonato cognome della famiglia della madre. La figlia di Roffredo, Principessa Lelia Cateani, scomparsa nel 1977, aveva a propria volta creato una fondazione rivolta a ricordare l’operato del pianista e più in generale a continuare un’opera di valorizzazione del territorio un tempo governato dalla famiglia. Grazie all’influenza di Sgambati i superstiti lavori di Roffredo Caetani vennero pubblicati da Schott (il retro-copertina riporta il catalogo di lavori di Wagner e Liszt !) e sono oggi disponibili nei files della Petrucci Digital Library. La Ammara sceglie le pagine pianistiche che ci sono rimaste, ovvero i tre pezzi che compongono l’opera 9 (1899) e la Sonata op.3 di sei anni precedente. Il commento al programma – ovviamente più che mai utile – è a firma nientemeno che di Roberto Prosseda e alle sue note rimando l’ascoltatore che sarà sicuramente incuriosito dai contenuti di questo disco.Si tratta di musiche chiaramente lontane dalle correnti innovative che scuotevano in quegli anni il mondo musicale, ma ciò non toglie che questa musica vada correttamente documentata e la Ammara compie questa operazione con gusto e convinzione. L’esiguo catalogo delle opere di Caetani comprende ancora un Quintetto con pianoforte, chiaro omaggio a Sgambati, che potrebbe essere fatto oggetto di recupero assieme a un Quartetto per archi e ad alcuni Intermezzi sinfonici.