HOROWITZ - The complete Masterworks recordings (1962-1973)
MUSICA, Marzo 1994

Vol.I - The studio recordings 1962-1963
CHOPIN Sonata in si bem.op.35; Studi in do op.10 n.12, in do# op.25 n.7; Scherzo in si op.20 RACHMANINOV Etude-Tableau in DO op.33 n.2; in mi bem.op.39 n.5 SCHUMANN Arabeske op.18; Kinderszenen op.15; Toccata op.7 LISZT-HOROWITZ Rapsodia ungherese n.19 SCARLATTI Sonate in MI K.531, in LA K.322, in SOL K.455 BEETHOVEN Sonata in do op.13 SCHUBERT Improvviso in SOL BEM.op.90 n.3 DEBUSSY Les fées sont d'exquises danseuses; Bruyères; General Lavine - eccentric SKRIABIN Poème in fa# op.32 n.1; Studi in do# op.2 n.1, in re# op.8 n.12
pianista Vladimir Horowitz
SONY CLASSICAL S2K 53457 (2CD)
* * * * * ADD 137:34
Vol.II - The celebrated Scarlatti recordings
SCARLATTI Sonate in RE K.33, in la K.54, in FA K.525, in fa K.466, in SOL K.146, in RE K.96, in MI K.162, in MI BEM.K.474, in mi K.198, in RE K.491, in fa K.481, in LA K.39, in SOL K.547, in si K.197, in fa# K.25, in re K.52, in SOL K.201, in do K.303
pianista Vladimir Horowitz
SONY CLASSICAL SK 53460
* * * * * ADD 72:01
Vol.III - The historic return
BACH-BUSONI Toccata,Adagio e Fuga in DO B.W.V.564 SCHUMANN Fantasia op.17; Träumerei op.15 n.7; Blumenstück op.19 SKRIABIN Sonate n.9 op.68,n.10 op.70; Studio in do# op.2 n.1; Poème in fa# op.32 n.1 CHOPIN Mazurka in do# op.30 n.4; Studio in FA op.10 n.8; Ballata in sol op.23; Polonaise-Fantaisie op.61; Mazurka in si op.33 n.4; Notturno in mi op.72 n.1 DEBUSSY Serenade for the Doll; L'isle joyeuse MOSZKOWSKI Studio in LA BEM.op.72 n.11 MOZART Sonata in LA K.331 HAYDN Sonata in FA Hob.XVI:23 LISZT La vallée d'Obermann
pianista Vladimir Horowitz
SONY CLASSICAL S3K 53461 (3 CD)
* * * * * ADD 181:29
Vol.IV - The legendary 1968 TV Concert
CHOPIN Ballata in sol op.23; Notturno in fa op.55 n.1; Polonaise in fa# op.44 SCARLATTI Sonate in Mi K.380,in SOL K.55 SCHUMANN Arabeske op.18; Traümerei op.15 n.7 SKRIABIN Studio in re# min.op.8 n.12 HOROWITZ Variazioni sulla Carmen
pianista Vladimir Horowitz
SONY CLASSICAL SK 53465
* * * * * ADD 46:16
Vol.V - A Baroque & Classical Recital
CLEMENTI Sonata in MI BEM.op.12 n.2: Rondo; Sonata in SI BEM.op.25 n.3: Rondo; Sonata in LA op.50 n.1: Adagio sostenuto e patetico; Studio in n.14 in FA (dal Gradus ad Parnassum) BACH-BUSONI Preludio Corale "Ich ruf'zu dir" B.W.V.639 SCARLATTI Sonate in FA# K.319, in SOL K.260 HAYDN Sonata in DO Hob.XVI:48 BEETHOVEN Sonata in LA op.101
pianista Vladimir Horowitz
SONY CLASSICAL SK 53466
* * * * * ADD 58:56
Vol.VI - BEETHOVEN
BEETHOVEN Sonate in do# op.27 n.2, in DO op.53, in fa op.57
pianista Vladimir Horowitz
SONY CLASSICAL SK 53467
* * * * * ADD 63:37
Vol.VII - EARLY ROMANTICS
CHOPIN Mazurke in la op.17 n.4, in fa# op.59 n.3, in do# op.50 n.3, in RE BEM.op.30 n.3, in mi op.41 n.2, in RE op.33 n.2, in fa op.7 n.3; Studi in SOL BEM.op.10 n.5, in do# op.10 n.4, in MI op.10 n.3, in do op.10 n.12, in mi bem.op.10 n.6, in LA BEM.op.post.; Rondò in MI BEM.op.16; Valzer in la op.34 n.2, in do# op.64 n.2; Polonaise in LA BEM.op.53, in LA op.40 n.1; Preludio in si op.28 n.6, in RE BEM.op.28 n.15 SCHUMANN Variazioni su un tema di C.Wieck; Kreisleriana op.16
pianista Vladimir Horowitz
SONY CLASSICAL S2K 53468 (2CD)
* * * * * ADD 112:54
Vol.VIII - THE ROMANTIC & IMPRESSIONIST ERA
SCHUBERT Improvvisi in LA BEM.D.899 n.4, in MI BEM.D.899 n.2, in fa D.935 n.1, in LA BEM.D.935 n.2 LISZT Consolation n.2 in MI; Scherzo und Marsch DEBUSSY Studio "Pour les arpèges composés"; La terrasse des audiénces au clair de lune MENDELSSOHN Studio in la op.104b n.3
pianista Vladimir Horowitz
SONY CLASSICAL SK 53471
* * * * * ADD 53:38
Solamente in base a una improbabile (se non impossibile) joint-venture tra diversi colossi del mondo discografico potrebbe essere realizzata un'impresa utile sia nel caso di Horowitz che di altri interpreti che, come lui, hanno avuto un rapporto altamente discontinuo con le varie etichette. Intendiamo dire che la tecnologia e le dimensioni relativamente contenute dei cd permetterebbero in linea teorica di compilare un'unica "Collection" nella quale tutte le incisioni del grande pianista troverebbero posto in ordine cronologico, dai primi rulli incisi per la Welte nel 1926 agli ultimi sospiri registrati per la Sony Classical nel 1989. In mancanza di ciò, ci si può accontentare oggi di due grandi partizioni della produzione horowitziana, rispettivamente edite dalla RCA e dalla SONY Classical : quest'ultima, come tutti sanno, ha rilevato il patrimonio discografico della CBS e si è quindi aggiudicata l'intero corpus di incisioni effettuate da Horowitz tra il 1962 e il 1973.
Aggiungendo il prezioso cofanetto di 3 cd pubblicato qualche tempo fa dalla EMI e comprendente le incisioni Columbia degli anni '30, e l'equivalente raccolta delle incisioni DG degli anni '80 l'ascoltatore ha oggi sotto mano un patrimonio qualitativamente inestimabile attraverso il quale può condurre qualsivoglia studio sull'arte interpretativa di uno dei massimi pianisti della storia.
E dire che vi è stato nel nostro paese un periodo (ripenso agli anni '60) durante il quale trovare in negozio le incisioni RCA era impresa non da poco e magari l'horowitziano che conosceva solo per sentito dire le prodezze digitali del grande pianista impegnato nelle trascrizioni di Stars and Stripes o della Danse macabre non poteva far altro, per appagare i propri desideri, che rivolgersi alla compiacenza di qualche collezionista o emigrare nelle allora rare biblioteche estere che offrivano un servizio di ascolto discografico. I giovani ascoltatori di oggi, diciamo la verità, sono molto più fortunati, e almeno per quanto riguarda i big dell' interpretazione possono contare su edizioni discografiche e biografie di riferimento corredate da discografie complete che un tempo facevano parte dei desideri impossibili.
Dando una prima occhiata al cospicuo box di 13 cd appena pubblicato dalla Sony sono dunque colto da un senso di sorpresa: tanti dischi raccolti con fatica lungo un periodo che va dal 1962 al 1973, ritrovati qui in una comodissima confezione che permette di saltare rapidamente da un luogo all'altro del giardino incantato del favoloso pianismo horowitziano. Apro alla sezione discografica l'ultimo libro di H.Schonberg su Horowitz e inizio a controllare l'integrità della pubblicazione: siamo dunque nel periodo che sta per vedere il termine della lunga autoreclusione che il pianista impose a se stesso e ai suoi estimatori tra il 1953 e il 1965, un periodo che era stato caratterizzato dalla totale assenza di Horowitz dalle sale da concerto e dalla pubblicazione saltuaria di alcuni dischi registrati dalla RCA trasportando in qualche caso persino ingombranti macchinari nell'appartamento del pianista a Manhatthan. I retroscena che portarono Horowitz nel 1962 alla firma di un nuovo contratto per la CBS sono oggi sufficientemente noti: l'RCA non era affatto contenta dell'andamento delle vendite degli ultimi dischi (i LP dedicati a Clementi e a Skriabin, vera primizia per il collezionista, si rivelarono un pessimo articolo per il grande pubblico) e la sempre più lunga lontananza di Horowitz dal palcoscenico aveva compromesso la sua stessa immagine, soprattutto tra il pubblico più giovane. Fu la stessa RCA a non rinnovare il contratto con il grande pianista e fu Gary Graffman (anch'egli "licenziato" dalla RCA) ad agire come intermediario tra Horowitz e il management della CBS per un incontro che si rivelò davvero proficuo. A Thomas Frost, uno dei piu' intelligenti e colti producer della casa discografica, venne assegnato il compito di sovraintendere alle nuove incisioni, lavoro che egli svolse con grande abilità grazie anche al rapporto confidenziale e professionalmente completo che riuscì a instaurare con un personaggio difficile come Horowitz. La tecnologia aveva nel frattempo compiuto nuovi passi, tanto che il primo album horowitziano pubblicato dalla CBS ci offre per la prima volta un suono di qualità indubbiamente superiore alle matrici RCA incise fino al 1959.
Il primo volume della nuova raccolta edita in cd propone i contenuti di tre LP dei quali ciascun horowitziano ricorda benissimo l'aspetto: si tratta dei dischi intitolati rispettivamente "CBS presents Vladimir Horowitz", "The sound of Horowitz" e "Beethoven - Chopin - Debussy" ,pubblicati tra il 1962 e il 1963.
La prima impressione che si ebbe allora (impressione confermata ed esaltata oggi grazie al lavoro di ridefinizione e pulizia del suono effettuata dai tecnici della Sony Classical, complice la tecnica di riversamento nota con il nome di SBM) fu quella di un Horowitz dal sound veramente nuovo; non che il pianista avesse cambiato o raffinato la propria palette timbrica (come accadrà sempre più sensibilmente negli anni '70 e '80) : si trattava semplicemente del fatto che le precedenti incisioni RCA davano un idea se vogliamo molto elettrizzante ma alquanto distorta di quel suono meraviglioso. Questa mutazione di prospettiva, forse ancora di più di una mutazione di lettura dovuta agli anni, al contesto storico ecc., fanno sì che l'incisione CBS della Sonata op.35 di Chopin risulti assai differente da quella effettuata da Horowitz nel 1950 e da molti commentatori inserita nella scia di quella ancor più famosa dovuta a Rachmaninov. Non si può dire che la versione 1962 sia meno battagliera, eroica,colossale : piuttosto qui si ammirano finalmente il dettaglio sonoro, le nuances timbriche, i giochi di transizione armonica ottenuti mediante l'uso del pedale di risonanza e la tenuta in eccedenza di certi suoni. D'altro canto la maggiore pulizia di suono - e qui si tocca a mio parere un punto fondamentale della esegesi horowitziana - caratterizza a volte in maniera negativa le incisioni di questo periodo, nel senso che vengono chiaramente alla luce quelle imprecisioni tecniche un tempo efficacemente mascherate sia dalla maggior precisione del pianista in sè, sia - e mi riferisco non tanto alle incisioni del '40 e del '50 quanto alle precedenti - dalla tecnica primitiva di registrazione. Fino al '67-'68 tali imprecisioni saranno sempre e comunque sorrette dalla coraggiosa attitudine del pianista ad affrontare il "rischio" pur di sostenere il contenuto emozionale dell'interpretazione e la eccezionale tensione del fraseggio (vedi ad esempio la Vallée d'Obermann di Liszt o il finale della seconda sonata di Rachmaninov). In seguito, ma qui si sconfina già nella seconda era RCA, la non rinuncia all'esibizione virtuosistica diventerà nel caso di Horowitz un terribile vizio che porterà alla esternazione di momenti decisamente "brutti" (il Mephisto Valzer del 1979, la seconda Ballata di Liszt del 1981) fino ad arrivare al disastro completo dei mai pubblicati concerti del 1983,all'interno dei quali ci è capitato ascoltare una disastrosa performance del Carnaval di Schumann.
Il primo disco horowitziano inciso per la CBS conteneva, oltre alla Sonata di Chopin, una non indovinatissima rielaborazione della 19ma Rapsodia Ungherese di Liszt , due Etude-Tableaux di Rachmaninov e l'Arabeske di Schumann. Durante quelle sessioni in studio venne anche incisa la seconda Consolation di Liszt, pubblicata dalla Sony Classical solo di recente in un cd intitolato "Tesori riscoperti" e dedicato appunto a tutti quei meravigliosi scampoli che per varie ragioni non avevano trovato posto all'interno dei dischi CBS. Ovviamente la Sony ha reintegrato in questa edizione completa il contenuto di quel singolo cd, inserendo quasi sempre i tasselli mancanti al loro posto ed offrendo all'acquirente una ulteriore sorpresa della quale parleremo tra poco.
Per ciò che riguarda la XIX Rapsodia di Liszt, Horowitz si riallaccia qui a un tipo di operazione ipervirtuosistica già tentata con successo in passato (vedi le incisioni RCA del 1950 e 1953) nei confronti delle rapsodie nn.2 e 15. Ma in quella occasione il gioco pianistico davvero elettrizzante di un uomo ancora nel pieno delle proprie possibilità fisiche faceva in parte perdonare la contaminazione effettuata su testi che hanno pur sempre una loro dignità da rispettare; dopo 10 anni l'agilità c'è ancora ma gran parte della forza si è persa per strada,la rielaborazione non è per nulla convincente, la rapsodia scelta è tra le meno note al pubblico e - come se non bastasse - Horowitz va a banalizzare un luogo del pianismo lisztiano (i cosiddetti "late works") che già negli anni '60 cominciava a diventare oggetto di culto tra gli specialisti, e come oggetto di culto era considerato intoccabile. Decisamente più onesta appariva e appare tutt'oggi la posizione di uno Cziffra che nella sua prima strabiliante incisione delle Rapsodie si era limitato a tralasciare i nn.16-19 non potendo applicare a quelle opere lo stesso trattamento che andava a pennello con il Liszt meno problematico.
I tre autori che nel corso della carriera di Horowitz hanno subìto in minor misura i cambiamenti dello stile interpretativo sono stati sicuramente Rachmaninov, Skriabin e Scarlatti: i primi due perchè eccezionalmente radicati nella sensibilità del pianista, il terzo perchè già dall'epoca della gioventù aveva ricevuto da Horowitz una definizione pressochè perfetta e non passibile di ulteriori evoluzioni. In tal senso il nucleo di incisioni rachmaninoviane che parte dagli Etude-tableaux del 1962 e arriva al disco del 1969 interamente dedicato al venerato Maestro, centrato sulla fatidica seconda Sonata, offre quanto di meglio si possa chiedere al complesso di qualità tecnico-interpretative di Horowitz. Suono meraviglioso, dinamica che spazia dai sussurri del Momento musicale in si minore al fragore del finale della Sonata o dello Studio op.39 n.9, utilizzo di un fraseggio inimitabile, che non ammette repliche, rendono l'ascolto sempre emozionante anche a quasi trent'anni di distanza.
Nel caso di Rachmaninov, l'interpretazione di Horowitz è stata comunque messa in discussione da non pochi critici che - pur rispettando e ammirando l'approccio del pianista ucraino - hanno sottolineato l'esistenza di altri criteri interpretativi (a volte completamente opposti) ugualmente o maggiormente ammirevoli. Certo, se ci si riferisce ai ben noti giudizi dello stesso Rachmaninov (la predilezione per Hoffman, il parziale confinamento del fenomeno Horowitz all'exploit delle "ottave colossali") o meglio ancora al modo di suonare di Rachmaninov più che documentato dai dischi, la posizione di Horowitz può apparire in un certo senso ridimensionata.
Più difficile è ridimensionare la lettura che il pianista "inventa" dal nulla nel caso di Skriabin. Qui non si può neanche discutere di autorità interpretativa proveniente da una frequentazione diretta dell'Autore, come avveniva per Rachmaninov : Horowitz impone al pubblico una buona parte del repertorio skriabiniano con un forza di persuasione che lascia ogni volta sbalorditi. Come accadde in maniera ancor più forzata nel caso di Medtner, la passione del pianista nei confronti di Skriabin venne tenuta a bada dai discografici fino al 1950, anno in cui Horowitz fu messo in gradi di incidere uno dei suoi pezzi preferiti: lo Studio in do# min.op.2 n.1. L'operazione Skriabin continuò nel 1953 (Sonata n.9 e due Studi) e proseguì nel 1956 con la realizzazione della terza Sonata e di ben 16 Preludi, contenuto del famoso disco RCA che contribuì alla rottura dei rapporti tra Horowitz e la casa discografica. Con la CBS il discorso riprese più o meno a partire dalle stesse premesse, con la differenza che il grande album skriabiniano prodotto nell'aprile-maggio del 1972 si rivelò ben presto un grande successo commerciale, oltre che una delle più belle realizzazioni che il pianista abbia affidato al disco.
Nel secondo disco preparato per la CBS - e qui sempre inserito nel primo doppio cd - Horowitz riaffronta soprattutto Schumann, e lo fa toccando gli estremi opposti della difficolta' tecnica (e in ordine inverso di quella interpretativa). Nella grande Toccata op.7 Horowitz deve fare i conti con se stesso e con una delle sue più riuscite registrazioni giovanili (1934): la versione stereofonica è ancora eccitante per la estrema tensione con la quale viene condotta la lettura di una pagina che è rimasta il simbolo dell'anelito schumanniano al virtuosismo trascendentale. Molti preferiranno comunque la pecedente versione monofonica, perché più immediata, sfavillante, estrosa. Anche le Kinderszenen vengono qui incise per la seconda volta, dando luogo a quel fenomeno di "overplaying" (ossia di proiezione di un testo tecnicamente semplice in un contesto di iper-raffinatezza strumentale) che è tipico di Horowitz: i particolarissimi accenti, la fin troppo curata percezione delle "voci interne", la dinamica portata all'eccesso sono elementi che in un primo momento possono anche lasciare di sale l'ascoltatore, ma che a lungo andare risultano di gusto più che discutibile. Horowitz ripeterà questo "approccio nevrotico" all'opera 15 di Schumann durante il concerto londinese del 1982. L'ascoltatore potrà ritrovare invece un'atteggiamento più tranquillo e consono alla poetica schumanniana nella prima versione RCA del 1950 e soprattutto nell'ultima (1987) pubblicata dalla DG in un video che riprende il recital viennese del 31 maggio.
Riprenderemo tra breve l'argomento schumanniano occupandoci del recital alla Carnegie Hall del 1965 e della registrazione in studio di Kreisleriana. A Beethoven, Chopin, Debussy e Schubert ci porta invece l'analisi del terzo LP del 1962-63 contenuto ancora nel primo doppio cd Sony. A dispetto di tutti coloro che avevano criticato da sempre le sue interpretazioni beethoveniane, Horowitz continuò imperterrito nel tempo a consegnare al disco la propria visione di alcune tra le più celebri sonate. Il catalogo e' molto ridotto, in questo senso, ma da qui a dire che Horowitz non sa suonare Beethoven a parer nostro ce ne corre. Personalmente trovo molto meno seducente la scarsa discografia beethoveniana di Rubinstein: il grande rivale non si discostò mai in sala di incisione dalla quaterna irrinunciabile di Patetica-Appassionata-Chiaro di Luna-Waldstein, proponendo una interpretazione classico-romantica che sembra volere accontentare tutti. Nel corso della propria carriera Horowitz aggiunse a queste pagine popolarissime tre altre composizioni (le sonate op.10 n.3 e op.101 e - agli albori - le 32 Variazioni in do minore). Nel complesso la prospettiva beethoveniana di Horowitz è sempre interessante anche là dove può essere più discutibile. Riascoltando a distanza di anni le sonate opp.13, 53, 57 e 101 raccolte qui dalla Sony mi coglie oltretutto un dubbio: forse che si è esagerato nello scambiare la più che ovvia attitudine horowitziana nell'applicare anche a Beethoven i propri parametri stilistici in senso esclusivamente strumentale (accentuazione, dinamica, colore,...) con una scelta interpretativa per principio contraria a quella della tradizione "classica"? Vale probabilmente per Horowitz quello che si è sempre a ragione sostenuto per Rachmaninov, ossia che la personalità dell'interprete (e qui aggiungerei , di più, del grandissimo strumentista) è tale da condizionare gli stessi parametri critici. Non v'è dubbio che il Beethoven di Horowitz suoni diverso da quello cui siamo stati abituati da Schnabel, Backhaus, Kempff,ma non mi sentirei di affermare che Horowitz abbia applicato a Beethoven un criterio esecutivo completamente errato dal punto di vista storico. Quelle che possono suonare come esagerazioni (certe iper-accentuazioni della melodia, la nervosa dizione delle quartine nel finale dell'op.27 n.2, in genere l'esatta percezione del dettaglio) sono semplicemente dovute alla naturale interpretazione da parte di Horowitz del segno scritto. Se poi la tecnica particolarissima del pianista è in grado di far sì che la "Waldstein" suoni anche come un pezzo di grande virtuosismo digitale (lo sviluppo cadenzale per quartine simultanee, precedente il Prestissimo conclusivo !), ciò va semmai a detrimento di chi tale tecnica non ha mai posseduto. Sia lode dunque alla "Patetica", comparsa per la prima volta in disco proprio nell'album del 1963, alla rilettura dell'op.27 n.2 (terza registrazione horowitziana dopo le due effettuate per la RCA nel 1946 e nel 1956), dell'op.57 e della già citata "Waldstein". Il caso della Sonata op.101 è un poco differente, anche se qui Horowitz getta ancor di più luce su una possibile interpretazione alternativa. Tutto bene nel primo movimento, dove solo una posizione di pedantesca prevenzione nei confronti di Horowitz potrebbe censurare l'attenzione alle "voci interne" in una pagina che, non dimentichiamolo, va eseguita "mit der innigsten Empfindung". La seconda parte sembra sbilanciata da un certo nervosismo che oltretutto ingenera non pochi errori. Nonostante l'assidua frequentazione dell'op.101 da parte di Horowitz durante i recital di quel periodo (1967), il solo fatto che la presente incisione sia in realtà frutto di una commistione tra un primo tempo ricavato da un concerto del 22 ottobre al Queen's College e dai rimanenti registrati durante il successivo recital alla Carnegie Hall del 26 novembre la dice lunga sulla difficoltà incontrata nell'assemblare una versione integrale per il disco. Il "Vivace alla marcia" è più chiassoso che marziale e nel grande finale contrappuntistico il pianista sembra più di una volta perdere il controllo della situazione. Vi sono in compenso dei momenti molto belli, che giustificano senza dubbio la pubblicazione.
Il problema della ripresa "live" dei recital di Horowitz è piuttosto spinoso, e lo affrontiamo qui soprattutto riascoltando il momento di più intensa emozione della raccolta, ossia quello dedicato allo "storico ritorno" del pianista di fronte al pubblico della Carnegie Hall, il 9 maggio del 1965.
I contenuti di questo famoso recital sono talmente noti che non ci sembra opportuno qui ritornare sull'argomento. Sottolineiamo solamente il fatto che l'ascolto di un programma completo tenuto nel corso di un recital offre dei motivi di interesse differenti da quelli relativi alle compilation effettuate in studio e coinvolge l'ascoltatore in modo globale. Nella discografia di Horowitz era presente soltanto un momento di questo genere, ossia il recital tenuto alla Carnegie Hall il 25 febbraio 1953, ultimo appuntamento con il pubblico prima del grande ritiro del pianista dalle scene per ben 12 anni. I dischi reclamizzati dalla CBS nel 1965-67 come ricavati integralmente dai recital tenuti alla Carnegie Hall il 9 maggio 1965 ,il 17 aprile, 27 novembre e 10 dicembre del 1966 si rivelarono da una parte come un successo editoriale quasi inaspettato, dall'altra come il prodotto di una vera e propria azione disonesta nei riguardi dell'ascoltatore. Le esecuzioni di Horowitz erano infatti state ritoccate in moltissimi punti e certi "disastri" più che giustificabili (ma lesivi del mito del pianista infallibile) erano stati completamente aggiustati da un abile lavoro di maquillage. La polemica non è affatto peregrina e coinvolge ovviamente non soltanto la questione dei recital di Horowitz ma tutta l'editoria discografica fondata sempre più, a partire dagli anni '70, sul concetto di ripresa dal vivo. Si tratta però, come in tutte le cose, di trattare la questione con un po' di buon senso e chiedersi se è preferibile oggi concedersi il piacere dell'ascolto della Fantasia di Schumann così come Horowitz la assemblò per la pubblicazione oppure doversi limitare a leggere le cronache e le critiche dell'epoca.
Ho citato la Fantasia op.17 perchè mi sembra uno dei momenti più importanti del recital del 1965, dato che ci permette di ascoltare il mito vivente impegnato in un lavoro di grande respiro e ci ricorda come in quel momento storico potessero convivere interpretazioni antitetiche come quelle di Horowitz e di Pollini. La lettura di Horowitz è appassionante dall'inizio alla fine, deludente (nonostante il "maquillage") nei punti virtuosisticamente più rischiosi. Quella di Pollini (ascoltata più volte in concerto e di lì a qualche anno pubblicata dalla DG in disco) sbalordiva per la impressionante compiutezza formale e la straordinaria realizzazione tecnica. Se guardiamo al risultato complessivamente molto migliore di un'altra registrazione horowitziana dedicata a Schumann (quelle di Kreisleriana, effettuata in studio il 1 dicembre 1969 e inclusa nel volume VII della raccolta che stiamo recensendo) ci possiamo lamentare del fatto che il pianista non abbia successivamente pensato a una rilettura in studio della Fantasia, che avrebbe potuto portare a risultati sicuramente ammirevoli. Vien fatto di pensare che Horowitz non potesse più permettersi una esecuzione corretta della coda del secondo movimento, neanche avvalendosi delle tecniche di montaggio del suono.
Ancora ad un altro evento molto reclamizzato e che riteniamo sufficientemente noto da non prendere ulteriormente in considerazione è dedicato il quarto volume della compilation Sony: il video trasmesso dal network CBS, e pubblicato in disco con il titolo di "Horowitz on television". Si trattò anche in quel caso dell'assemblaggio di due recital appositamente tenuti alla Carnegie Hall nel gennaio e febbraio del 1968; di durata più breve rispetto ai comuni programmi di concerto, la locandina conteneva soprattutto una primizia (la Polacca in fa# minore op.45) della quale non si sa se ammirare di più la resa tecnica perfetta, la tensione estrema del fraseggio, la bellezza di certi effetti timbrici.
La raccolta di cd prosegue con la riunificazione delle registrazioni chopiniane effettuate in studio tra il 1971 e il 1973 e pubblicate precedentemente in due lp dalle riuscitissime copertine (quella che accomunava il profilo di Horowitz a quello di Chopin e e quella che ritraeva il pianista ai piedi di una grande quercia, emulando una famosa fotografia di Rachmaninov). I contenuti sono tutti di altissimo livello e i vertici vengono toccati a mio parere con una smagliante esecuzione del Rondò op.16 (esempio di come Horowitz riuscisse a cogliere e a realizzare come nessun altro il lato virtuosistico e salottiero dello Chopin giovanile) e con la impressionante,drammatica lettura della Mazurka op.59 n.3.
Altro momento importantissimo nella produzione di quegli anni è rappresentato dall'album interamente dedicato a Skriabin, quasi un pendant stereofonico e sicuramente più ad effetto del già ricordato disco inciso nel '56. E'difficile ascoltare qualsiasi altra interpretazione degli Studi op.42 e op.8, della decima sonata o di Vers la flamme senza avanzare paragoni con queste esecuzioni di Horowitz che rimangono a mio parere insuperate. Il cd aggiunge ai contenuti del disco originale anche quegli scampoli cui accennavamo più sopra, tra i quali risplende una fiammeggiante lettura del difficile studio op.65 n.3.
Altri scampoli preziosi vengono inseriti nei volumi 5,8 e 9. L'interpretazione della Consolation in mi maggiore di Liszt si colloca a fianco di quella ben nota della terza Consolation in re bem.maggiore, cavallo di battaglia dei recital horowitziani degli anni '80, e ci fa rimpiangere la mancanza di una integrale che il pianista non avrebbe certo faticato a completare. Più problematiche ci appaiono quattro pagine di Clementi, ossia tre tempi tratti dalle sonate op.12 n.2, 25 n.3 ,50 n.1 e lo studio n.14 in fa maggiore dal Gradus. Problematiche perché testimoniano come l'interesse di Horowitz per Clementi - e in genere per il pianoforte a cavallo tra '700 e '800 costituisse un rovello interpretativo tutt'altro che passeggero. L'esame delle già ricordate incisioni del '54 dimostra come Horowitz vedesse in Clementi soprattutto il precursore di Beethoven; non a caso il pianista aveva a quell'epoca ripreso dopo due anni di totale inattività le sedute di registrazione nel proprio appartamento di Manhattan eseguendo di Beethoven le Sonate op.53 e op.27 n.2. Le note di accompagnamento al cd della Sony, redatte da Thomas Frost, ci informano con precisione sulle circostanze che avevano dato origine a queste registrazioni clementine rimaste inedite. Orbene, le due pagine di Clementi incise nel 1963 (tra giugno e settembre) sono contemporanee alla registrazione da parte di Horowitz della "Patetica" di Beethoven; quelle incise nel 1972 (20 aprile) sono contemporanee all'incisione del "Chiaro di luna". Queste "coincidenze" non fanno altro che confermare le ipotesi di partenza, testimoniano quanto meticoloso fosse il lavoro di preparazione stilistica che Horowitz conduceva prima di affrontare un autore come Beethoven, che evidentemente gli era meno congeniale di Chopin, e fanno intuire come il pianista avrebbe anche potuto approfondire il discorso relativo all'interpretazione di autori "minori" come Moscheles (del quale Horowitz lesse a prima vista tutti gli Studi op.95, qualche anno prima di morire), Dussek o Hummel, se solamente i "media" non gli avessero appiccicato per sempre l'etichetta del Last romantic.
Per mancanza di spazio non possiamo soffermarci ulteriormente su alcune altre gemme, come lo Studio in la bem.op.postuma di Chopin - una esecuzione bellissima, con quelle transizioni armoniche risolte in aloni di suono - o come il Fairy Tale di Medtner. Autore, quest'ultimo, che Horowitz insisterà fino alla morte nel difendere, ricordando il proprio apostolato concertistico di gioventù nei suoi confronti e la cecità delle case discografiche che,fin dagli anni '30 gli avevano sconsigliato di incidere musiche così difficilmente commerciabili. Come curiosità segnaliamo il fatto che il Preludio Corale di Bach-Busoni "Ich ruf'zu dir" (altro splendido inedito) e la pagina di Medtner erano stati oggetto di una pubblicazione privata, un piccolo lp commissionato e distribuito nel 1969 come omaggio natalizio dalla Goodyear con il titolo, banale quanto curioso, di Great Songs of Christmas.
Ma la vera novità inclusa nella "collection" della Sony è rappresentata da due ulteriori scampoli debussiani, lo studio "Pour les arpèges composés", noto solamente grazie a una antica registrazione del 1934 e l'inedito preludio "La terrasse des audiences..." registrato durante un concerto pubblico tenuto alla Carnegie Hall il 10 dicembre del 1966, dal quale era già stata tratta la registrazione del Blumenstück di Schumann. L'interesse di Horowitz per Debussy fu tutt'altro che superficiale: più che alle registrazioni di quattro preludi ,uno studio, l'Isle joyeuse e l'arcinota Serenade for the Doll, ci riferiamo alla testimonianze riportataci da Igor Markevitch, che nel suo "Etre et avoir été" ci racconta di un giovane Horowitz che leggeva avidamente a prima vista la raccolta completa degli Etudes in uno chalet nei pressi di Sils-Maria. Il Debussy di Horowitz si colloca su un piano lontanissimo rispetto alle letture più accreditate di interpreti come Gieseking. E proprio ne "La terrasse des audiences" si capisce come l'attenzione maniacale per il risultato timbrico, la realizzazione perfetta dei diversi piani sonori, la percezione analitica di ogni nota proiettano l'esecuzione di Horowitz in una galassia a se stante.
Non è qui il caso di riaprire l'annosa questione sulla completezza del repertorio, questione che come minimo fa venire l'amaro in bocca ogni volta che ci si deve occupare di Horowitz (per la frammentarietà) e di quell'altro mostro sacro che è Michelangeli (per la estrema circoscrizione). Certo, una esecuzione completa degli Studi e dei Preludi di Debussy avrebbe fatto onore al pianista e permesso al pubblico di ascoltare qualcosa di eccezionale.
Non ci rimane che accennare all'unico neo di questa impresa editoriale della Sony, quello rappresentato dall'assenza di un nucleo di registrazioni effettuate alla Carnegie Hall nel 1976 in occasione del famoso concerto celebrativo per il centenario della prestigiosa istituzione nuovaiorchese. I motivi di questa assenza sono facilmente ipotizzabili: Horowitz comparve in quella occasione come accompagnatore di Stern, Rostropovich e Fischer-Dieskau in alcune selezioni del Trio di Ciaikowski, della Sonata op.19 di Rachmaninov e nei Dichterliebe di Schumann; di qui la probabile complicazione dei diritti d'autore nei riguardi di artisti non gestiti dalla Sony Classical. Il collezionista può comunque cercare il relativo cd nel vecchio catalogo CBS.
Con la scusa della scelta cronologica indirizzata esclusivamente al periodo CBS, la Sony si è poi ben guardata dall'aggiungere al cofanetto i contenuti delle ultimissime registrazioni pubblicate nel 1991 in un cd dall'emblematico titolo, un cd che aveva ottenuto apprezzabili record di vendite e che sigla simbolicamente l'ultimo, estremo cambiamento di casa discografica dell'eternamente irrequieto pianista.