Due giovani pianisti di successo a Milano
Tom Borrow, 25 anni per la Società del quartetto e Eva Gevorgyan, 21 per la Società dei Concerti hanno debuttato a Milano con ottimo successo di pubblico che ha premiato le loro esibizioni interessanti e foriere di prossime maturazioni da parte dei due giovani. Tom Borrow, israeliano, ha al suo attivo una assidua carriera con le maggiori orchestre di tutto il mondo e ha collaborato con importanti direttori. La Gevorgyan, russa di origini anche armene, ha conseguito un notevole secondo premio al Concorso Van Cliburn a soli 15 anni, oltre a vari altri premi di importanza internazionale e ha anch’essa suonato con orchestre e direttori di valore indiscusso. Entrambi i pianisti hanno raccolto come si diceva una accoglienza assai positiva, per motivi sostanzialmente differenti che ora andremo a spiegare, puntualizzando i lati positivi di entrambi ma anche alcune manchevolezze che probabilmente potranno essere corrette nel corso del tempo.
Borrow si è presentato con un programma di difficile definizione, che oltretutto ha conosciuto aggiunte e spostamenti comunicati a inizio serata. Parte di questo programma era dedicato alle trascrizioni ed è iniziato e terminato nel nome di Bach: con un Largo dalla Sonata per organo in DO BWV 529 nella trascrizione di Feinberg e con un noto Corale nella trascrizione di Petri. Tra questi estremi si sono ascoltate altre famose trascrizioni (quella di parte della terza partita per violino solo, messa a punto da Rachmaninov, la Serenata schubertiana trascritta da Liszt, Widmung di Schumann-Liszt, e la famosissima Ciaccona di Bach-Busoni). Con un salto inspiegabile di programmazione si è passati poi ai cinque Preludi op.16 di Skriabin e alla Fantasia op.17 di Schumann. Il suono di Borrow è di notevole bellezza e anche il modo di porgere risulta bene ancorato nella tradizione, con risultati ineccepibili. Forse per insicurezza o emozione, il pianista ha passato di striscio la prova della infernale coda della seconda parte della Fantasia di Schumann. Si consiglierebbe poi una futura maggiore coerenza nell’impaginazione del programma.
La Gevorgyan ha un approccio del tutto differente che punta soprattutto sul virtuosismo, anche se il programma da lei scelto era quanto mai classico, tirando in causa i Preludi op.28 di Chopin e il Carnaval di Schumann oltre a una notevole sfilza di bis. La tecnica in possesso della pianista russa è davvero impressionante ma a volte troppo esibita come scelte di velocità e di suono imponente. La lettura dei Preludi di Chopin ha puntato sul singolo carattere di ogni numero, senza ricorrere ad altre sofisticate letture che tirano in causa le alternanze maggiore-minore di certi numeri o altri artifici ancora più complessi. A parte qualche eccesso si è trattato comunque di una esecuzione di sicura attrattiva che è stata premiata dagli applausi del pubblico. Come lo è stata quella del Carnaval, dove certi numeri peccavano di troppo virtuosismo e toglievano un poco di continuità al capolavoro schumanniano. La Gevorgyan si è poi lanciata letteralmente nei bis chopiniani (due studi e un valzer) e soprattutto nella trascrizione di Pletnev di un noto numero dallo Schiaccianoci di C’ajkovskij. Successo pieno e di notevole peso.
Borrow si è presentato con un programma di difficile definizione, che oltretutto ha conosciuto aggiunte e spostamenti comunicati a inizio serata. Parte di questo programma era dedicato alle trascrizioni ed è iniziato e terminato nel nome di Bach: con un Largo dalla Sonata per organo in DO BWV 529 nella trascrizione di Feinberg e con un noto Corale nella trascrizione di Petri. Tra questi estremi si sono ascoltate altre famose trascrizioni (quella di parte della terza partita per violino solo, messa a punto da Rachmaninov, la Serenata schubertiana trascritta da Liszt, Widmung di Schumann-Liszt, e la famosissima Ciaccona di Bach-Busoni). Con un salto inspiegabile di programmazione si è passati poi ai cinque Preludi op.16 di Skriabin e alla Fantasia op.17 di Schumann. Il suono di Borrow è di notevole bellezza e anche il modo di porgere risulta bene ancorato nella tradizione, con risultati ineccepibili. Forse per insicurezza o emozione, il pianista ha passato di striscio la prova della infernale coda della seconda parte della Fantasia di Schumann. Si consiglierebbe poi una futura maggiore coerenza nell’impaginazione del programma.
La Gevorgyan ha un approccio del tutto differente che punta soprattutto sul virtuosismo, anche se il programma da lei scelto era quanto mai classico, tirando in causa i Preludi op.28 di Chopin e il Carnaval di Schumann oltre a una notevole sfilza di bis. La tecnica in possesso della pianista russa è davvero impressionante ma a volte troppo esibita come scelte di velocità e di suono imponente. La lettura dei Preludi di Chopin ha puntato sul singolo carattere di ogni numero, senza ricorrere ad altre sofisticate letture che tirano in causa le alternanze maggiore-minore di certi numeri o altri artifici ancora più complessi. A parte qualche eccesso si è trattato comunque di una esecuzione di sicura attrattiva che è stata premiata dagli applausi del pubblico. Come lo è stata quella del Carnaval, dove certi numeri peccavano di troppo virtuosismo e toglievano un poco di continuità al capolavoro schumanniano. La Gevorgyan si è poi lanciata letteralmente nei bis chopiniani (due studi e un valzer) e soprattutto nella trascrizione di Pletnev di un noto numero dallo Schiaccianoci di C’ajkovskij. Successo pieno e di notevole peso.