L'età della pianista russa Alexandra Dovgan, 17 anni, è certamente un motivo di pregio per considerare il recital ascoltato ieri sera per la Società dei Concerti, come sempre attenta a puntare l'attenzione sui giovani. La Dovgan si è già posizionata molto bene in concorsi importanti senza tuttavia piazzarsi ancora in posizioni che le garantiscano di vivere un poco di rendita, e per questo motivo il successo se lo deve conquistare sul campo, tenendo presente non soltanto le qualità strumentali in sé ma anche una seppure giovanile carta vincente che già la possa collocare nel novero delle nuove promesse. Oggi non basta certo suonare bene, a rischio di agire come fotocopia di personalità già ascoltate e celebrate in passato. Occorre quindi mostrare fin dalla giovane età un'idea di percorso musicale, un progetto che permetta all'ascoltatore di individuare le caratteristiche di un nuovo soggetto sul quale puntare l'attenzione. La Dovgan ha tecnica da vendere e fin troppa forza nelle dita che l'aiuta a sopperire la mancanza di una fisicità prorompente, a rischio di corrompere le qualità di un suono che nel forte e fortissimo appare spesso troppo presente.Per quanto riguarda le scelte artistiche si è ascoltato un programma piuttosto variegato che dimostra solo in parte il percorso musicale seguito dalla pianista. L'incipit attraverso la Sonata op.110 di Beethoven ha avuto il momento migliore nella fuga retta e inversa, dove la Dovgan ha mostrato grande sicurezza di intenti in un luogo difficile per antonomasia. La seconda sonata di Schumann ha messo a dura prova le qualità tecniche della pianista, che sono comunque uscite allo scoperto con grande bravura. E'la Sonata in sé che presenta grattacapi interpretativi ai solisti, che in genere si tengono prudentemente lontani da questo lavoro che alla fine non convince sempre interamente a causa delle continue indicazioni di tempo che sono dirette veramente al raggiungimento di velocità proibitive. Molto chiari ed espressivi sono stati i tre movimenti dalla terza Partita bachiana per violino, resi più con un occhio verso il trascrittore Rachmaninov che con riferimento al soggetto originale. E bene si può dire delle Variazioni-Corelli ancora di Rachmaninov e della seconda sonata di Skriabin resa con ottima partecipazione emotiva. Diamo il tempo alla Dovgan di maturare un suo percorso nello sterminato terreno pianistico e riserviamoci di sentirla nuovamente attraverso altre scelte più classiche dove l'estro interpretativo chiarisca meglio il carattere in fieri della solista.